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Silvio Berlusconi? I magistrati vogliono processarlo anche da morto

Paolo Ferrari
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Domanda: dopo trent’anni cosa potranno mai aver trovato i magistrati di Firenze a casa dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri? Il “papello” di Totò Riina appeso su una parete del salotto? O una foto autografata del super boss? Questa settimana, come riportato ieri su Repubblica, quotidiano da sempre ben informato sulle mosse dei pm, gli agenti della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Firenze e Milano hanno effettuato una perquisizione nella casa milanese di Dell’Utri, attualmente indagato come mandante esterno delle stragi di mafia del 1993, in concorso con Silvio Berlusconi, morto un mese fa, e i boss Filippo e Giuseppe Graviano, detenuti ininterrottamente dal 1994 al 41 bis. Al termine della perquisizione sarebbero stati trovati, sottolinea Repubblica, «elementi utili all’indagine».

 


Secondo i procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli ed il pm Lorenzo Gestri, titolari del fascicolo, le stragi avevano lo scopo di indebolire il governo Ciampi, allora alla guida del Paese, ed avevano l’obiettivo di «diffondere il panico e la paura fra i cittadini in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri». La tesi, va detto, è sempre la stessa da trent’anni a questa parte, con Dell’Utri «portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste, in ruolo di trait d’union fra Berlusconi e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992», il quale con le conoscenza mafiose ha poi alimentato «la nascita di Forza Italia».


SOLITO COPIONE
Questo stranoto copione prevede poi Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, al soldo di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca e quindi dei fratelli Graviano. E i denari dati negli anni da Berlusconi a Dell’Utri sarebbero la contropartita per «le condanne patite ed il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto». Tescaroli, fino ad oggi, non è mai riuscito a portare a processo Berlusconi e Dell’Utri, ed ha dovuto aprire e chiudere continuamente con archiviazioni sempre la stessa vicenda. Dopo cinque procedimenti chiusi già nella fase delle indagini preliminari, per Repubblica, la Procura del capoluogo toscano sarebbe però ad una “svolta”. I cellulari dei Graviano, in particolare, nel 1993 avrebbero agganciato diverse volte le stesse celle telefoniche di quelli in uso a Dell’Utri e Berlusconi. Tale coincidenza sarebbero la prova dell'avvenuto incontro fra loro anche se Dell’Utri e Berlusconi hanno sempre smentito rapporti con i due boss. L’asso nella manica dei pm sarebbe, però, Salvatore Baiardo, l’improbabile gelataio di Omegna che in passato era stato condannato per aver favorito la latitanza dei fratelli Graviano.

 


Baiardo, intervistato da Report su Raitre nei mesi scorsi, aveva detto di aver visto le fotocopie dell’agenda rossa su cui il magistrato Paolo Borsellino annotava i suoi appunti riservati in mano a diversi boss, come Matteo Messina Denaro. Attraverso Tik Tok Baiardo aveva poi smentito quelle affermazioni. Il gelataio pentito di Omegna avrebbe quindi mostrato a Massimo Giletti, conduttore di Non è l’Arena, una foto dove a suo dire ci sarebbero stati ritratti Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino. I tre sarebbero stati immortalati sulle sponde del lago d’Orta. Il suggestivo teorema della Procura di Firenze, va ricordato, fa a cazzotti con le risultanze del processo Trattativa Stato-mafia, ormai conclusosi con sentenza passato in giudicato. In quest’ultimo procedimento, che aveva visto sul banco degli imputati i vertici del Ros dei carabinieri che avevano catturato Riina, Dell'Utri era colui che aveva veicolato la minaccia mafiosa al primo governo Berlusconi. Per i pm fiorentini, che ora vogliono arrestare Baiardo per favoreggiamento, l’ex presidente del Consiglio sarebbe invece arrivato al governo proprio grazie alle stragi e all’appoggio di Cosa nostra. Durante le stragi del ’93, perla cronaca, Berlusconi non aveva ancora fondato Forza Italia ed appoggiava i pm di Mani pulite.


RENZI ATTACCA
Insomma, un canovaccio che si ripete con gli stessi protagonisti, Berlusconi nel frattempo è morto, a cui non viene concesso neppure il diritto di essere imputati in un regolare processo. Per Dell’Utri, comunque, è stato fissato l’interrogatorio il prossimo 18 luglio. «La Procura di Firenze guidata da Luca Turco sostiene che le stragi di mafia del 1993 fossero finalizzare a sostenere Berlusconi. Siamo oltre il ridicolo. Questa Procura insegue la visibilità mediatica dei processi politici ma nel frattempo decide di non sgomberare un hotel abusivamente occupato da cui scompare una bambina di cinque anni», dichiara Matteo Renzi. «Anziché occuparsi dei reati commessi a Firenze nel 2023 sogna di riscrivere la storia di trent’anni fa. Mai vista una procura più delegittimata e squalificata: inseguono il fantasma di Berlusconi e non toccano il racket delle occupazioni abusive. Ma non si rendono conto che sta diventando imbarazzante prima che incredibile?», ha aggiunto Renzi. 

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