Vittorio Feltri: gli imputati sono vittime della guerra tra toghe
È in corso una aspra discussione riguardante la riforma della giustizia di cui si parla da anni ma che non è mai stata neppure seriamente avviata. Su un punto anche recentemente si è sempre sorvolato. Cioè sui gradi di giudizio che notoriamente sono tre: primo grado, appello e Cassazione, la parola della quale essendo l’ultima è decisiva. La cosa strana è che se l’imputato in prima istanza viene assolto, il pubblico ministero può ricorrere.
A questo punto interviene la Corte d’Appello che riesamina le carte e probabilmente ribadisce la sentenza di assoluzione. Non è finita perché il secondo pm rinvia i documenti alla Cassazione che magari ribalta tutto e condanna. Quindi i due processi precedenti non sono serviti a nulla se non a dimostrare che i giudici di primo e secondo grado non avevano capito niente. Un caso simile non è raro, ne è successo uno abbastanza recentemente e riguardava Alberto Stasi accusato al termine del lungo iter giudiziario di aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi e sbattuto in galera, 16 anni di pena carceraria. Il giovane considerato innocente nei primi due giudizi, al terzo è stato punito.
Se ci pensate bene ciò è assurdo. Si è trattato di un contenzioso interno alla magistratura, i giudici di ben due Corti d’Assise avevano assolto il giovanotto contro il quale non erano state trovate prove di colpevolezza, mentre la Cassazione ha estratto dal cilindro gli elementi idonei per infliggergli una pena pesante. Il che rivela un conflitto fra toghe che risulta inspiegabile e inaccettabile dato che le carte processuali erano e sono sempre le stesse. Il povero Stasi è stato dunque incarcerato nonostante che in precedenza fosse stato dichiarato innocente per ben due volte.
Già la nostra giustizia non brilla sempre per efficienza, se poi le consentiamo di litigare al proprio interno per decidere se ingabbiare un tizio o lasciarlo libero è ovvio che al termine dei procedimenti si abbia quale risultato un gran pasticcio che lede la persona, sottoposta a una sorta di tortura per anni e anni. Credo che davanti a vicende come quella narrata sia necessario intervenire onde evitare forme intollerabili di persecuzione nei confronti di un cittadino inguaiato.
La proposta di correzione all’attuale sistema farraginoso non è complicata da attuarsi. Chi viene assolto in prima istanza da un tribunale va lasciato in pace evitandogli un nuovo processo, ovvero senza che un pm sia autorizzato a prolungargli i tormenti. Chi invece viene condannato deve poter godere di un appello, si tratterebbe di una forma di garanzia. Fine degli strazi e delle lungaggini che trasformano le pratiche giudiziarie in un tritacarne. Già che siamo in ballo per dare una regolata alla magistratura, cerchiamo di risolvere anche il problema che ho denunciato. Forza, con un po’ di coraggio si può tentare di raddrizzare le gambe anche ai cani.