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Giustizia, se anche l'Unione europea tifa per una nuova magistratura

Paolo Ferrari
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«Il nostro intento è solo quello di far conoscere all’opinione pubblica, ed alle istituzioni cui poi spetta il compito delle decisioni e delle scelte, ogni aspetto, ogni profilo, ogni implicazione sottesa alle annunciate riforme», afferma ieri l’Associazione nazionale magistrati, dove aver ferocemente criticato, per mezzo del suo presidente, il giudice della Corte di Cassazione Giuseppe Santalucia, le iniziative che il ministro Carlo Nordio ha in mente per cercare una soluzione al disastro della giustizia.

«Noi siamo intervenuti - prosegue l’Anm portando nel dibattito pubblico critiche argomentate al disegno di legge. Non apparteniamo a nessun partito e interveniamo esercitando un diritto di associazione». E scandisce: «Il sospetto» è che si voglia usare la separazione delle carriere e le altre riforme della giustizia come «punizione nei confronti della magistratura».

Ecco, dunque, svelati i timori del potente sindacato unico delle toghe: che si metta fine all’anomalia tutta italiana del pubblico ministero, quindi chi rappresenta l’accusa nel processo, e del giudice di far parte della stessa categoria professionale. Di separazione delle carriere si discute, senza successo, da più di trent’anni, da quando entrò in vigore l’attuale codice di procedura penale, mutuato dai Paesi anglosassoni e che avrebbe dovuto garantire maggiori diritti e tutele per gli indagati.

Lo schema era semplice: due parti, l’accusa e la difesa, ed un giudice, terzo ed imparziale, che decide. Il “problema”, però, è che il giudice ed il pm fanno la stessa carriera. Il concorso in magistratura è identico per i pm ed i giudici, come è identico l’organo di “autogoverno”, il Consiglio superiore della magistratura, che si occupa dei trasferimenti, degli avanzamenti di carriera, del disciplinare, e di tutto ciò che riguarda il profilo d’impiego delle toghe.

Chiunque comprende che questa comunanza fin dal momento del concorso non agevola certamente l’indipendenza e la terzietà. Nelle scorse settimane, tanto per fare un esempio, è stata arrestata la giudice del tribunale di Latina Giorgia Castriota che, intercettata, “dettava” ai pm i provvedimenti che dovevano scrivere e che poi lei avrebbe avallato. Quando un pm non “obbediva” ai suoi ordini, ecco partire la rappresaglia con la minaccia di punizioni e trasferimenti. Che il sistema giustizia non funzioni, comunque, non è una recente “invenzione” del Centrodestra.

DIRETTIVE DISAPPLICATE
Gli accordi presi con Bruxelles per i fondi del Pnrr durante il governo Draghi prevedono che l’Italia realizzi una riforma della giustiziain grado, una volta per tutte, di garantire tempi certi nello svolgimento dei processi e di abbattere l’enorme arretrato di fascicoli. Un’altra direttiva, completamente disapplicata, riguarda poi la presunzione d’innocenza, di cui al recente dl 188 del 2021. La persona oggetto di indagini ha il diritto a non subire una gogna preventiva peril solofatto di essereindagata. 

La realtà, il caso della ministra Daniela Santanchè è solo la punta dell’iceberg, è l’esatto contrario, con avvisi di garanzia notificati a mezzo stampa e non, come prescrive la legge, in modo “riservato” e il più tempestivo possibile. L’elenco di ciò che nonfunziona nei tribunali, e che i magistrati per primi dovrebbero agevolarne la soluzione, è lungo. Tanto per iniziare, il “buco nero” delle intercettazioni telefoniche, unmezzo di ricerca della prova che si è trasformato in fonte di prova con abusi a go-go. Nordioèfinito sulla graticola peraver proposto appena insediatosi a via Arenula una norma di assoluto buon senso: vanno trascritte solo le intercettazione penalmente rilevanti a carico dei soggetti sottoposti alle indagini. 

Le intercettazioni, ricorda Nordio, vanno utilizzate nel processo e non per esprimere giudizi morali o etici sui comportamenti privati delle persone. Come non dimenticare, poi,lemisure cautelari,gli arresti prima checi sia stata una sentenza di condanna. Anche in questo caso, trattandosi di soggetti innocenti, dovrebbero essere una “extrema ratio”, da applicare con estrema prudenza e quando non sono ci altri strumenti per raggiungere lo scopo. Il Guardasigilli, anche in questo caso, ha pensato ad una modifica di buon senso: ora sono disposte da un giudice monocratico, domani lo saranno da un giudice collegiale. «Sei occhi sono meglio di due», ha ricordato a tal proposito Nordio. 

Non si può, infine, non ricordare la surreale polemica delle toghe contro l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, una fattispecie penale quantomai evanescente che bloccalamacchina amministrativa, terrorizzando i pubblici amministratori con lo spauracchio di finire a processo. Un caso fra tutti, quello della sindaca di Crema indagata (e per fortuna poi archiviata) perchè un bambino si era schiacciato due dita in una porta all’interno dell’asilo comunale. L'Anm, però, pare sorda e refrattaria ad ogni riforma, pronta a salire sulle barricare per difendere l’indifendibile, uno status quo fallimentare che ha trasformato la giustizia italiana in un gorgo da cui bisogna tenersi quanto più possibile alla larga.

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