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Luca Palamara: "La pm che indaga Santanchè..."

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Paolo Ferrari
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«Mi pare chiaro il tentativo di unire vicende diverse tra loro con l’unico obiettivo di indebolire il governo», afferma Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati durante gli anni ruggenti dello scontro toghe-politica.

Dottor Palamara, si ricomincia? Siamo tornati ai tempi dei governi Berlusconi?
«In questo caso non partirei dalla magistratura ma dal corto circuito che in Italia ciclicamente si verifica quando tutto ciò che “non è sinistra” va al governo. In Italia funziona così da 30 anni. Ora che il centrodestra è di nuovo al potere l’anomalia del rapporto tra politica e magistratura si accentua. Ecco, allora, il disperato tentativo di una parte della informazione, saldata con la parte più politicizzata della magistratura, di strumentalizzare singole vicende del processo di turno per trasformarle in un casus belli di rilevanza politica. Si tratta di un film già visto e ampiamente raccontato nel libro Il Sistema. È illusorio tentare di risolvere il problema con un approccio “soft” sul tema delle riforme o, ancor peggio, cercando un lascia passare da parte della intera magistratura. Per fortuna ci sono tanti magistrati, la maggioranza, che sono estranei a queste dinamiche».

 

 

 

I maligni hanno notato che le magistrate che hanno in carico i due fascicoli sono toghe di sinistra: la procuratrice aggiunta di Milano Laura Pedio per il procedimento Santanchè, e la gip romana Emanuela Attura, segretaria distrettuale dell’Anm, per la vicenda Delmastro. Coincidenza?
«Faccio una banale riflessione. Se il “metodo Santanchè” fosse stato applicato alla dottoressa Pedio, sarebbe stata costretta a dimettersi quando venne indagata dalla Procura di Brescia a seguito della accuse del collega Paolo Storari nella vicenda delle mancate iscrizioni nel registro degli indagati dopo le dichiarazioni di Pietro Amara sulla Loggia Ungheria. Nessuno in quel momento gli chiese di chiarire pubblicamente quelle gravi accuse. Per quanto riguarda Attura ho avuto modo di conoscerla come una giudice preparata e corretta. Sulla vicenda Delmastro, però, penso che alcune deposizioni rese da autorevoli dirigenti del Ministero della giustizia, che ho letto in quanto arbitrariamente pubblicate da alcuni giornali, abbiano finitoper complicare il quadro di valutazione della giudice. In ogni caso, fuori da ogni ipocrisia, si tratta di notizie che normalmente circolano e che ben poco hanno di riservato, come aveva ritenuto la Procura».

Il centro destra è “attrezzato” per gestire i rapporti con la magistratura?
«Storicamente il partito che ha investito di più nei rapporti con la magistratura è stato il Pci-Pds-Ds-P d e le correnti più ideologizzate dalla magistratura hanno da sempre “flirtato” con quel mondo, con inevitabili riflessi nello svolgimento dei processi. La magistratura non è immune dai vizi e dalle virtù di altri contesti. Quanti dirigenti pubblici sono stati nominati dal Pd ed ancora oggi rivestono ruoli di potere? Rispetto a questo schema è chiaro che un governo di centrodestra deve inevitabilmente comprendere i meccanismi che presiedono un sistema oramai consolidato di potere che si tramanda da anni e che i racconti fatti al direttore Alessandro Sallusti nel libro Il Sistema hanno contribuito a far comprendere».

 

 

 

Con un comunicato stampa i magistrati progressisti hanno paragonato il voto questa settimana del vice presidente del Csm Fabio Pinelli per il procuratore di Firenze ad una “ingerenza”, come accaduto la sera dello Champagne. Pinelli come Luca Lotti?

«Il diritto di critica è riconosciuto a chiunque, come insegna la Costituzione. Quando però si trasforma in accuse così gravi bisogna andare fino in fondo perché altrimenti rimane un pesante sospetto sul numero due del capo dello Stato. Se chi ha scritto queste cose non ha le prove e non le fornisce è giusto che nelle sedi opportune vengano presi provvedimenti disciplinari come già accaduto in vicende analoghe negli anni passati».

Ha sbagliato la ministra a riferire in Parlamento?

«Bisogna finirla con il doppiopesismo ed in particolare con il garantismo a corrente alternata, altrimenti si finisce per fare un processo in pubblico su fatti e vi- cende che debbono essere verificate solo nelle sedi giudizia- rie. Basta con la strumentalizzazione del processo penale per risolvere i problemi della vita politica».

I “giornaloni” sono scesi subito in campo dando grande visibilità a queste inchieste, con le solite fughe di notizie. Un classico?

«Ovvio. È davvero singolare leggere che Repubblica contesta a Delmastro di essersi impossessato di un brogliaccio di conversazioni e di averle consegnate clandestinamente al suo coinquilino. Fino a quando gli italiani debbono essere presi in giro in questa maniera da chi pratica da sempre questo genere di comportamenti?»

A proposito di fughe di notizie, che fine ha fatto la sua denuncia alla Procura di Firenze riguardo le intercettazioni segrete nell’ambito dell’indagine che l’ha coinvolta e che furono pubblicate a maggio del 2019?

«Ad oggi nessuna risposta. Si tratta di vicende sulle quali i miei avvocati andranno fino in fondo anche per chiarire le ragioni di questi ritardi». 

 

 

 

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