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Santanchè, Senaldi: cosa non torna sull'inchiesta

Pietro Senaldi
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Il ministro Daniela Santanché è una patata bollente; soprattutto per la Procura di Milano. Abituata ad attraversare burrascose tempeste, ieri la signora ha svolto tutti i suoi compiti governativi come nulla fosse. Solo un cruccio la tormentava e pare abbia confidato agli amici che incontrava: «Possibile che ancora nessuno si sia degnato di recapitarmi l’avviso di garanzia?». Problemi burocratici, avrebbero fatto sapere agli avvocati della senatrice di Fdi gli uffici giudiziari. Una giustificazione che bisogna proprio aver voglia di passare per fessi per crederci. Il pm secondo la legge ha sei mesi di tempo per concludere le indagini e questi sarebbero scaduti a fine marzo. In caso di proroga, l’indagato dev’essere informato immediatamente: possibile che tutto questo tempo sia passato inutilmente solo per vaghe lentezze di sistema? E come mai la posta destinata ai giornali anti-governativi viaggia invece sempre su canali prioritari?

 

 

 

L’Italia è davvero il Paese dei cachi, per dirla con Elio e le Storie Tese, e questa è tesissima: la notizia che è aperta un’indagine arriva prima alla stampa anti-governativa che ai sospettati, che i pm, volenti o nolenti, tengono all’oscuro anche dopo aver confermato ufficialmente quanto uscito sui giornali. Maledetti postini, avranno perso per strada l’informazione di garanzia, che si chiama così perché dovrebbe essere a tutela dell’indagato e non invece un’arma da scaricargli contro, come avviene quando la si passa ai giornali anziché all’interessato. Altra follia: la ministra del Turismo è indagata da otto mesi, tra le altre cose, per bancarotta fraudolenta, ma nessuna delle quattro società sulle quali i pm hanno messo gli occhi (Visibilia Concessionaria, Visibilia Holding, Visibilia Editore e Visibilia srl) è fallita. «Un po’ come incriminare qualcuno per omicidio in assenza del morto» si sarebbe lasciata scappare la signora quando i suoi legali le hanno descritto la situazione. A noi invece viene il sospetto che gli inquirenti confidassero nel fallimento. Forse qualcuno ha gufato, ma per ora gli è andata male.

 

L’OFFERTA

A scavare, si scopre che sulle prime due aziende oggetto di indagine la procura avrebbe già desistito: il processo non ci sarà. C’è la terza, Visibilia Editore, quella che la Santanché ha salvato all’ultimo minuto, nel novembre scorso, versando all’erario un milione e duecentomila euro. Per questa sarebbe pronta un’offerta al Fisco con buone possibilità di essere accettata: il 60% del debito rimanente da saldare in dieci anni. I legali della ministra confidano che la pratica giudiziaria slitti dopo l’estate, per poi infilare anch’essa un binario morto. Resterebbe aperta l’indagine sull’ultima società, per la quale si sta preparando un piano che ricalca quello pensato per Visibilia Editore.

 

 

 

 

LA LINEA DEL PREMIER

«Se Daniela sarà rinviata a giudizio, dovremmo trarne le conseguenze» è la linea del premier, Giorgia Meloni. A casa Santanchè si confida che non sia una sentenza di morte alla quale manca solo la data dell’esecuzione ma una sfida alle opposizioni, che alla fine potrebbero vedere deluse le loro aspettative. Pare che la ministra abbia rassicurato per l’ennesima volta proprio in queste ore il presidente del Consiglio, e che sia stata ascoltata. 

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