Marco Travaglio, Sallusti: se anche lui ammette che le toghe sbagliano
Strani tipi i giustizialisti militanti. Prendiamo il Fatto Quotidiano di ieri. Primo titolo: “Il sindaco di Lodi Uggetti ha commesso il reato ma è stato assolto”. Secondo titolo: “L’Italia alla rovescia, il giorno dell’illegalità: condannato Davigo”. Insomma, per loro un sindaco del Pd (Uggetti) è colpevole anche se assolto mentre il loro amico pm (Davigo) è innocente anche se condannato.
La buona notizia è che per la prima volta Marco Travaglio e soci sostengono ciò che noi, da lui sbeffeggiati, andiamo dicendo da tempo: la magistratura, a volte per incapacità altre in cattiva fede, può sbagliare o addirittura agire e sentenziare in base a motivi politici o comunque estranei alla giustizia. Quindi, a rigore di logica, dovrebbero rimangiarsi il loro granitico teorema in base al quale Berlusconi – faccio l’esempio più noto ma non certo l’unico – è stato sicuramente un mascalzone in quanto colpito da una condanna. Ma in tutto questo c’è pure una cattiva notizia, cioè che questi indefessi continuano a manipolare la realtà.
"Non ci sono innocenti"? L'atroce beffa che il "destino" ha riservato a Davigo
Non è infatti vero che il sindaco Uggetti “ha commesso il reato ma è stato assolto”, cosa che dovrebbe comportare l’immediata espulsione dalla magistratura del giudice in questione. La sentenza dice infatti che l’anomalia dell’appalto finito sotto inchiesta è talmente lieve e ininfluente da non, ripeto non, costituire reato. Mentre viceversa la sentenza su Davigo dimostra in modo inequivocabile che l’ex pm diffondendo i verbali dell’inchiesta sulla loggia Ungheria (imboscata dalla procura di Milano) ha violato il segreto e causato grave danno.
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Mentire e manipolare, manipolare e mentire: altro che giustizialisti, qui siamo alla giustizia fai da te a seconda che si parli di amici o nemici. E questo vale anche per sua eccellenza Davigo che toccato sul vivo è passato dalla tesi “uno assolto è un colpevole che l’ha fatta franca” al fare ricorso in appello contro la sua condanna, cioè ad ammettere anche lui che i giudici possono sbagliare e che un condannato può essere innocente. Insomma, non è “L’Italia alla rovescia” descritta dal Fatto, è l’inverso: con grande fatica si sta cercando di raddrizzare un’Italia che questi signori avevano rovesciato.