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Melillo, procuratore nazionale antimafia: "Non esistono intercettazioni inutili". Eppure...

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"Personalmente non conosco intercettazioni inutili, sono disposte da giudice. Personalmente non riesco a immaginare spostamento di risorse da un versante a un altro". Lo ha detto Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nel corso dell'audizione in Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Parole in chiara opposizione a quelle del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che nei giorni scorsi ha sottolineato di volerne limitare l'uso solo per le inchieste su mafia e terrorismo. "Esistono attività di indagine estremamente delicate ed invasive che hanno bisogno di garanzie non meno delle intercettazioni tradizionali ed esiste da parte nostra una difficoltà a penetrare gli ambienti digitali sempre più usati dalle reti criminali e terroristiche", ha sottolineato Melillo in audizione. Si tratta di "una materia delicata, che va sottratta a furori polemici e semplificazioni grossolane". Per questo, bisogna dire no a qualsiasi "arretramento sul versante del ricorso alle intercettazioni".

La riforma della giustizia approdata in Parlamento vieta di trascrivere le citazioni dei cosiddetti "terzi", le persone menzionate casualmente nelle conversazioni intercettate, e ai giornalisti di pubblicare le intercettazioni non contenute in un atto d'indagine o non ancora in dibattimento. "Noi interverremo per attuare completamente l'art. 15 della Costituzione che afferma la libertà e la segretezza delle conversazioni - spiegava il ministro -. In questo momento siamo intervenuti parzialmente per tutelare il terzo, cioè la persona che viene citata nelle conversazioni di altri. Ma successivamente interverremo anche per tutelare la dignità e la libertà delle persone che parlano e devono parlare fra di loro in riservatezza, perché la riservatezza è l’altro lato della libertà. Naturalmente senza compromettere le indagini per i grandi crimini della delinquenza organizzata".

Tra gli esempi portati da molti, la famosa intercettazione sulla "sguattera del Guatemala" che portò la ministra Guidi, non indagata, alle dimissioni nel 2016 per la pubblicazione di una telefonata privata con il compagno Gianluca Gemelli, lui sì indagato per traffico di influenze illecite dalla procura di Potenza. Oppure le centinaia di intercettazioni di telefonate intime, dai contenuti scabrosi e non verificabili in alcun modo, su Silvio Berlusconi negli svariati processi su Ruby (da cui è stato assolto) e filoni escort. O ancora, l'intercettazione di Vittorio Emanuele in carcere a Potenza nel 2006, mentre criticava pesantemente i magistrati. 

Le parole di Melillo riecheggiano una impostazione che rischia di portare a derive pericolose, come la famosa massima pronunciata dall'ex pm di Mani Pulite ed ex membro del Csm Piercamillo Davigo, secondo cui "non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti". Roba da Grande Fratello con la toga, più che da Stato di diritto. 

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