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Piercamillo Davigo, l'aneddoto: "Ne ha arrestati 29 su 30"

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"Se mi sono pentito? No, rifarei tutto quello che ho fatto, e nel modo in cui l’ho fatto. Perché era l’unica cosa giusta da fare in quella situazione". Piercamillo Davigo non si pente. Condannato a un anno e tre mesi per aver diffuso verbali segreti, l'ex magistrato non rimpiange nulla. D'altronde, è il ritratto che ne viene fuori dalle colonne del Corriere della Sera, l'ex toga del pool di Mani Pulite non ha mai fatto mistero di essere "essenzialmente un uomo d’ordine", convinto che sia "difficile fare il magistrato se non si crede nel binomio che nel mondo occidentale è lo slogan della destra, legge e ordine".

 

 

Inizia a farlo nel 1978, ma il suo nome entra nelle case di tutti solo nel 1992-’94, quando viene formato il pool Mani pulite con Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e poi Francesco Greco. Solo qualche tempo prima aveva chiuso l’ufficio Iva di Pavia arrestando 29 dei 30 impiegati. Conclusosi lo tsunami, la seconda vita di Davigo è quella da giudice: prima consigliere in Cassazione e poi presidente di sezione. Non solo, perché l'ex pm diventa - per un solo anno - presidente dell’Associazione nazionale magistrati in una nuova corrente che fonda uscendo da Magistratura Indipendente per dare vita ad Autonomia & Indipendenza assieme a Sebastiano Ardita.

 

 

Ora Davigo deve fare i conti con una condanna di primo grado in quanto imputato, davanti al tribunale di Brescia, per rivelazione del segreto d'ufficio in merito ai verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria. Le motivazioni saranno rese note solo tra 30 giorni. Il difensore di Davigo, Francesco Borasi, ha già preannunciato appello contro la condanna.

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