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Toghe rosse, Sallusti: "Tromboni senza vergogna, da licenziare se non arrestare"

Alessandro Sallusti
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Non facciamoci influenzare dalla propaganda e diciamo le cose come stanno. A opporsi alla riforma della giustizia proposta dal ministro Carlo Nordio non è tutta la magistratura e neppure una sua parte consistente bensì il Gotha della corrente di ultra sinistra Magistratura Democratica che pur non rappresentando la maggioranza dei diecimila magistrati italiani ha preso da anni il controllo mediatico e politico della categoria. Quindi non è “magistrati contro Nordio” bensì “toghe rosse contro Nordio” e ancora più precisamente “pm toghe rosse contro Nordio”. Già, perché la sinistra giudiziaria inquirente teme di perdere con la riforma parte del potere parallelo che ha esercitato da trent’anni a questa parte per influire sulle dinamiche della politica sostituendosi all’occorrenza alla sinistra parlamentare quando questa si è trovata in situazioni di chiaro impasse.

A tal proposito basterebbe rilevare come il più acceso oppositore della riforma sia Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che più che per le sue inchieste è noto per essere stato stretto collaboratore di Andrea Orlando, capobastone del Pd, quando questi era ministro della Giustizia. E il grave è che a lamentarsi sono proprio coloro che impedendo anche con minacce e ricatti qualsiasi tentativo di riforma hanno trascinato a fondo la giustizia italiana sia dal punto di vista dell’efficienza – siamo maglia nera per la durata dei processi – che della correttezza (l’Italia ha il record di ingiuste detenzioni e di processi finiti nel nulla).

 

Insomma, Santalucia e compagni mi sembrano come quei falliti che pretendono di spiegare al mondo come si conduce una azienda al successo, quella squadra retrocessa che sostiene di sapere come si vince il campionato, in altre parole dei tromboni senza vergogna. Non dico tanto, ma un minimo di autocritica e un po’ di senso della misura. Perché loro sono stati – risulta per tabula – gli artefici del famoso sistema Palamara. Di più: loro sono stati il perno e il motore di quel sistema anche se oggi provano a disconoscerlo con la complicità dei loro autorevoli gazzettieri. Se la magistratura fosse una azienda questi signori andrebbero licenziati, se non arrestati, per bancarotta fraudolenta, altro che ergersi a difensori della Costituzione e della democrazia.

 

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