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Marco Travaglio sfida la legge: pronto a tutto pur di infangare gli altri

Paolo Ferrari
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Marco Travaglio se non pubblicasse le intercettazioni ricevute da quale maresciallo o da qualche pm cosa farebbe? Probabilmente nulla. Per scongiurare il rischio di non riuscire a riempire le pagine ha allora deciso che è giunto il momento di violare la legge.

Con una “supercazzola” delle sue, il direttore del Fatto Quotidiano ha tranquillizzato ieri i lettori affermando che disobbedirà alla «schiforma di Carlo Nordio» e continuerà a «pubblicare tutte le intercettazioni, le carte e i verbali giudiziari d’interesse pubblico. Anche se sono segreti, o riguardano “terzi” non indagati, o non sono passati al vaglio del giudice», sottolinea Travaglio.

Ergendosi a paladino dei voujeristi in servizio permane effettivo delle Procure, il direttore del Fatto Quotidiano si è quindi lanciato in una improbabile «obiezione di coscienza contro una legge che viola il diritto-dovere d'informazione sancito dalla Costituzione, dalla Convenzione sui diritti dell’uomo, eccetera, eccetera».

Nel quanto mai “originale” editoriale, Travaglio si auspica poi di trovare, in caso di denuncia, un giudice coraggioso che violando la legge lo “prosciolga”, lamentandosi del fatto che a protestare siano i magistrati (a dire il vero i soliti noti) e qualche giornalista, non l’avvocatura associata. Non poteva mancare, infine, un attacco a Nordio, accusato di legiferare per gli amici colpevoli e agevolarne la latitanza.

 

Sarà stata sicuramente colpa del caldo, a Roma venerdì la temperatura ha superato i 30 gradi, ma Travaglio si è dimenticato di sottolineare cha la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni è opera di Alfonso Bonafede (per gli amici Fofò dj, vista la sua attività precedente), allora ministro grillino della Giustizia nei governi Conte uno e due. Le modifiche introdotte da Nordio riguardano solo un “doppio controllo di legalità”, assolutamente condivisibile, come ricordato da Alberto Liguori, procuratore capo di Terni ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura, in una intervista ieri a Libero.

Fofò dj, che Travaglio dovrebbe conoscere molto bene essendo il Fatto l’house organ del Movimento Cinquestelle, fu il promotore del dl numero 161 del 30 dicembre 2019, convertito con modificazione dalla legge numero 7 del 28 febbraio 2020, che modificava in radice l’articolo 114 del codice di procedura penale, “Divieto di pubblicazione di atti e di immagini”.

La norma aveva introdotto il comma 2 bis secondo cui «è sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415 bis o 454».

La disposizione, in altri termini, vieta la pubblicazione delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione, quelle irrilevanti e quelle che riguardano categorie di dati personali di cui non sia dimostrata specificamente la rilevanza da parte del magistrato. Il divieto riguarda anche gli ascolti in possesso delle parte e, quindi, tecnicamente non più coperti dal segreto. Tale divieto di pubblicazione cade solo con l’acquisizione delle conversazioni rilevanti e limitatamente a quelle acquisite.

Pertanto, già adesso non sarebbe stato possibile pubblicare le intercettazioni che in questi giorni Il Fatto sta riproponendo a paginate. Ad iniziare da quella fra l’allora premier Matteo Renzi con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinofi con giudizi poco lusinghieri su Enrico Letta.

Travaglio, invece, preferisce il Far West, volendo pubblicare ascolti che non hanno rilevanza penale ma che hanno il solo scopo di indurre il lettore a giudizi morali. Un comportamento vietato in qualsiasi parte del pianeta.

 

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