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Carlo Nordio, Formigoni: il coraggio del ministro sul "giudice-bambino"

Roberto Formigoni
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Il 31 marzo al Palazzo di giustizia di Padova, luogo istituzionale per eccellenza, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha celebrato la memoria del “giudice bambino” Rosario Livatino, assassinato giovanissimo perché aveva assistito per caso a un omicidio, e i criminali non volevano testimoni. 

L’allocuzione di Nordio è stata sorprendente per chi è abituato alle noiose retoriche delle celebrazioni post mortem, e soprattutto per chi pensa che un ministro, per di più in veste ufficiale, debba parlare esclusivamente di politica e non di religione.

Il cuore dell’intervento di Nordio è centrato su una domanda: «Dov’è la giustizia divina? L’intero vecchio Testamento è percorso da questa domanda di giustizia. È la domanda che trova la sua massima espressione nel libro di Giobbe...Dopo una vita trascorsa nel rispetto rigoroso dei precetti divini, Giobbe è investito da una valanga di ingiustizie che lo annichiliscono.

 

E alla fine Giobbe bestemmia e nega la giustizia del Signore. Livatino non bestemmia e non si ribella alla volontà del Signore, ma la domanda rimane», prosegue Nordio. «Perché il giusto viene punito? La risposta è solo nel fatto che lo stesso Creatore si è immolato per redimere i peccati umani, e in questo riconcilia la massima delle ingiustizie con la massima delle espiazioni.

Perché se addirittura il Creatore del mondo, espiando i peccati altrui, si mette alla pari del reo che viene punito, allora significa che ogni ingiustizia che vediamo e vedremo nel mondo, anche le più gravi, anche Auschwitz, è stata riparata dal sacrificio di Cristo». Prosegue Nordio: «Livatino perdona coloro che lo stanno assassinando, e allora l’ingiustizia del giusto che viene assassinato trova una composizione solo nelle parole di perdono di questo martire. E dunque», conlcude il ministro, «la lezione che dobbiamo trarne, più che una lezione giuridica o professionale, è ovviamente una lezione etica. Nel momento in cui crolla la fiducia nelle istituzioni umane, e comincia a vacillare, fino a cadere, anche la fede in Dio, quando vacilla anche la speranza perchè non ci sono più ragioni per sperare, rimane la terza virtù, rimane la carità. Questa è la lezione che dobbiamo trarre dalla ispirata morte di Livatino». 

Credo si possa concludere affermando che Nordio ha dato una prova di grande coraggio uscendo così allo scoperto. D’altra parte chi lo criticasse di mancanza di laicità non capisce che la vera laicità non è in contrasto con la fede, ma con l’ideologia. Quello di Nordio è un grande esempio per chi fa politica, anzitutto per chi si professa cattolico. Ma anche per chi è vero laico.

 

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