Gianfranco Fini e la casa a Montecarlo, 15 anni dopo: ombre sul processo
Anche Gianfranco Fini, come Silvio Berlusconi, ha visto in fondo la propria carriera politica massacrata dalle toghe e dai tempi biblici della giustizia italiana. Ne è convinto Maurizio Crippa, il celebre "Mastro Ciliegia" del Foglio, che ripercorre la spinosa vicenda della "casa di Montecarlo" che a inizio degli anni Dieci ha travolto l'ex leader di Alleanza nazionale, fresco di rottura con il Cav e il Pdl (a seguito del mitico "che fai, mi cacci?"). Certo, molto contribuì la funesta avventura in solitaria con Futuro e Libertà e l'alleanza elettorale con il premier Mario Monti (tolti i primi due mesi da "salvatore della Patria" a Palazzo Chigi, era diventato in poche settimane il politico-non politico più odiato d'Italia), ma è innegabile che lo scandalo legato al passaggio dell'appartamento di Boulevard Princesse Charlotte 14 passato a prezzo di saldo al cognato Giancarlo Tulliani abbia pesato e non poco sul popolo della destra che si sentì tradito dal suo leader.
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Come ricorda Crippa, l'appartamento era il lascito della contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza nazionale, una vicenda che "per un imprecisato tempo sembrò in grado di far cadere una Repubblica, la già scalcagnata Seconda". Il recentissimo sfogo dell'ex presidente della Camera, che si è definito "tradito dalla famiglia" e dalla compagna Elisabetta Tulliani, si legge sul Foglio, ha riportato in auge, a sorpresa, anche il mitologico "Sono stato un cog***e" pronunciato anni fa sempre da Gianfry.
Ma la verità, conclude Crippa sul Foglio, è che al di là del gossip e dei veleni politici "tutto questo ha costretto a ritrovare memoria l’assurdo, grottesco gorgo spazio-temporale di una giustizia ormai ridotta a orologio rotto". Il processo contro Fini è iniziato nel 2023 ma l'inchiesta sui Tulliani è datata addirittura 2016, per fatti che risalgono al 2008. "Quindici anni fa, quando Fini fu turlupinato per la vendita del pregiato immobile di partito. E per una storia archiviata nel 2015, e stupida già allora". Dal "che fai mi cacci" al "che fai ora, lo processi?", il passo dunque è breve e inquietante. Per l'Italia. Roba da far quasi sembrare il processo Ruby un processo lampo.
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