Cutro, le sparate del gip: "Non sono una Cassandra, ma..."
ll giudice del Tribunale di Crotone Michele Ciociola ha convalidato ieri il fermo dei due scafisti arrestati due giorni fa con l’accusa di avere guidato il caicco naufragato davanti alla costa di Steccato di Cutro, causando la morte di almeno 67 persone. Si tratta di Sami Fuat, un turco di 50 anni, e Khalid Arslan, pakistano di 25. Nei loro confronti è stata disposta la misura cautelare in carcere per l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, naufragio colposo e lesioni. L’interrogatorio di garanzia del terzo scafista fermato, un minorenne, avverrà questa mattina. ll quarto scafista, invece, non è ancora stato rintracciato.
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«In attesa dell’osannato turismo crocieristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni», è quanto si legge nell’ordinanza di convalida firmata da Ciociola. «Nel frattempo- prosegue l’ordinanza- immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche (nel caso in specie, tuttavia, emergono appendici strutturali pakistane) brindano all’ultima tragedia umanitaria (il disastroso terremoto che inghiottiva parte della Turchia e della già martoriata Siria) che regalerà ai loro traffici ulteriori miriadi di disperati disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente ed un ancor più fosco futuro». E ancora: «Lungi dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina. Diversamente dal consueto, il caso di specie registra decine di vittime, vittime di un destino sordo alle loro speranze e di uno stato di necessità non altrimenti fronteggiabile se non alla mercé di disperati viaggi della speranza».
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Dopo questo incipit alquanto “originale” in un provvedimento giudiziario, il gip calabrese si è concentrato sulle «condotte contestate ai singoli indagati». In particolare, la provenienza turca degli scafisti «mal si concilia con la pretesa di confondersi tra semplici disperati». «Si fa peraltro presente sul crinale esperenziale come, venuta meno la manovalanza russofona- l’eco del conflitto ucraino ha spiegato effetti anche sulla forza lavoro dei criminali deputati all’organizzazione degli sbarchi negli ultimi mesi gli aurighi dei natanti siano quasi esclusivamente di nazionalità turca». Lo sbarco sulle coste calabre, insomma, «non può essere ritenuto frutto di un accordo tra 4 amici al bar che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i pericoli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati». L’ordinanza del gip fa emergere con chiarezza le responsabilità della Turchia che non ha impedito di sovraccaricare con 200 persone un caicco, imbarcazione notoriamente inadatta alla navigazione di altura e con mare grosso. I caicchi, infatti, navigano solo col bel tempo, per brevi crociere semidiurne. Appena cambia il vento, cercano riparo in rada e non affrontano, come è accaduto in questo caso, il mare con onde alte sei metri.
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