Messina Denaro, lo sfogo del procuratore che lo ha catturato
Ecco la prima cosa che gli studenti del Gonzaga hanno imparato, a margine del loro incontro col Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia: gli adulti, specie se importanti, non nominano mai le persone di cui parlano. Così, ieri, quando uno studente gli ha chiesto un commento sulle dichiarazioni di Salvatore Baiardo – il fiancheggiatore dei boss Graviano, quello che su La7 parlò di un Messina Denaro ammalato e prossimo alla cattura – De Lucia ha risposto: «C’è una grande differenza tra il mondo in cui succedono le cose e quello in cui si dice che potrebbero succedere: io parlo del primo. So come è andata, conosco le indagini e non parlo di un signore che è stato condannato anni fa per favoreggiamento di mafiosi e che circola in alcune tv».
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Ecco, De Lucia, non ne parla, ma nei fatti ne ha parlato, e la cosa finisce sui giornali: «Che il latitante fosse malato lo si diceva», ha aggiunto, «e io so quando è stato arrestato e come si è arrivati a questo grande risultato: al momento opportuno, visto che ci sono indagini, si potrà dire di più». Anche qui: De Lucia non ha nominato Salvatore Baiardo, non ha nominato chi ci ha speculato, non ha nominato neppure Matteo Messina Denaro: ma ha parlato esplicitamente di loro. Gli studenti del Gonzaga potranno approfondire che l’abitudine di evocare qualcuno, senza nominarlo, è maggiormente diffusa nel sud e nell’oriente del Mondo.
È anche vero che c’era troppa gente da nominare, a proposito del gelataio di Omegna – Baiardo – che ha ottenuto quasi più spazio mediatico dei servitori dello Stato che si sono rotti la schiena per la cattura Messina Denaro. Difficile che De Lucia si riferisse ai giornalisti: siano essi Massimo Giletti – che si è limitato a intervistare Baiardo, pur marciandoci un po’ – a gente in cattiva Fede come Marco Travaglio o Saverio Lodato o, se è un giornalista, Roberto Saviano – si parla di gente passata in tv – sino a specialisti come Lirio Abbate che, almeno, sa di che parla.
NON AI GIORNALISTI
Facile, invece, che il procuratore De Lucia si sia invece riferito all’antimafia dietrologico-vittimistica dei vari magistrati alla Nino Di Matteo (che pure ha fallito i primi processi Borsellino e il procedimento sulla «trattativa») e dell’ex procuratore Roberto Scarpinato, neo senatore grillino che sul tema mafia & politica ha costruito istruttorie complicatissime ma ha portato a casa davvero poco. Sì, facile che De Lucia parlasse di loro, o anche di loro: «C’è gente che non fa indagini da dieci anni e che viene a dirci come si fanno, questo è un Paese strano: un minuto dopo l’arresto già c’erano i murmurii», intesi come voci, e «non c’è stato neanche il tempo di festeggiare un successo per lo Stato che già erano iniziate le dietrologie».
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Le domande comunque erano più chiare delle risposte, perché gli studenti sono più ingenui e puri, anche se il Gonzaga di Palermo è una scuola che forma le future classi dirigenti isolane (l’auditorium era pieno, e parliamo di uno degli istituti più esclusivi di Palermo) e proprio del rapporto tra la buona borghesia e la mafia è stato chiesto conto al procuratore: c’è qualcuno – domanda – che è stato al fianco di Messina Denaro e gli ha consentito per 30 anni di sfuggire alla cattura? Risposta: «È una fetta della società compiacente con Cosa nostra, persone che hanno studiato e che si sono laureate, ma che cercano un dialogo con la mafia per assicurarsi vantaggi economici e non solo». Chiaro. Chiaro, pure, che nel parlare di «persone che hanno studiato e che si sono laureate» abbia teso a escludere gli elettori dei Cinque Stelle. Per il resto non c’è niente che De Lucia non avesse già detto: sull’utilità delle intercettazioni (che, in tema di mafia, nessuno aveva mai messo in dubbio) e persino sul regime di carcerazione 41-bis che è improvvisamente tornato all’attenzione popolare.
Ma soprattutto: «Un punto di svolta per arrivare alla cattura di Messina Denaro c’è stato quando sono state captate alcune conversazioni in cui si faceva riferimento a una possibile malattia del latitante»: e questo stava a dire che le voci di popolo potevano anche aver sussurrato che il boss fosse malato, ma individuarlo e catturarlo, poi, è stata tutt’altra cosa. Infine il procuratore De Lucia ha espresso un concetto che riportiamo testuale, da prendere e portare a casa: «Non c'è un momento in cui questo Paese riesce a stare unito e a festeggiare i successi... Le trasmissioni hanno riguardato profili dietrologici o la vita privata della persona, sono stati diffusi particolari irrilevanti come le eventuali amanti o i farmaci utilizzati, ma anche l’ultimo criminale ha diritto alla propria dignità: mettere in piazza queste cose, che contributo ha dato al servizio che l'informazione dovrebbe fare? Ci hanno fatto vedere dal buco della serratura».