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Baby gang e gioventù bruciata: anche la giustizia ha le sue colpe

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*Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione
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Le “prodezze” delle baby gang si sono moltiplicate negli ultimi tempi e quello che era un fenomeno isolato, caratteristico di qualche zona periferica, si va estendendo a macchia d’olio: a scuola, con alunni delle elementari in possesso di coltelli di ceramica “per uccidere la maestra”; in strada, con minori che torturano un disabile o tentano un assalto alla polizia; come stile e abitudini di vita, con minori dediti a moleste sessuali o consumatori abituali di superalcoolici. Persino il caso di bottiglie molotov costruite sulla base delle istruzioni sul web. A Ladispoli in agosto 2022 un quindicenne è stato pestato a sangue, colpito più volte con un tirapugni e mandato in ospedale con naso e polso fratturati, ad opera di un branco di sette ragazzi che volevano “vendicarsi” per una discussione avvenuta il giorno prima. Solo pochi giorni addietro l’individuazione dei minorenni responsabili di rapine a Roma e l’inqualificabile episodio di Seregno, con un ragazzino spinto da coetanei contro un treno in transito e l’incriminazione per tentato omicidio.

 

 


Si tratta di soggetti che sono il prodotto di una comunicazione di massa senza limiti, con scene di violenza gratuita pubblicizzate e quasi rese normali da film, telefilm, video game: una gioventù definita in passato bruciata ma che ora va spesso alla ricerca di emozioni forti per sentirsi importante, per farsi accettare da coetanei cresciuti allo stesso modo, per vincere la monotonia di un’esistenza vuota e priva di ideali. E così ciò che sembrava patrimonio della grande America è sbarcato anche in Europa e nella nostra Italia! Troppo facile cavarsela scrollando le spalle o reagendo con un gesto di rassegnazione. Occorre prendere coscienza del fenomeno, combatterlo ad ogni livello, abbandonare ogni atteggiamento di pregiudiziale rinunzia e rimettere i punti sugli i, evitando di confondere la violenza con il disagio, l’aggressività con la voglia di essere al passo dei tempi, la violazione delle regole con la fragilità dell’età evolutiva. Ma da chi e dove i ragazzi (più di una volta anche le ragazze) dovrebbero apprendere le modalità per un giusto inserimento nel mondo dei coetanei e nella società civile degli adulti?

 

 

Troppo facile rispondere richiamando alle rispettive responsabilità i genitori, i maestri, gli educatori: i primi spesso fin troppo accomodanti e permissivi, gli altri resi deboli e comprensivi anche solo per convenienza, famiglia e scuola non più alleate nello svolgimento della funzione educativa. Il problema si aggrava considerando che le norme penali nei confronti dei minori sono piuttosto blande e che i giudici minorili sono inclini al perdono, salvo irrigidirsi nel momento in cui i minori oltrepassano la fatidica soglia dei 18 anni e si ritrovano a rispondere di reati laddove gli stessi fatti erano stati in precedenza trattati come semplici ragazzate. 

di Bruno Ferraro

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