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Messina Denaro, l'arresto che mette in crisi l'antimafia militante

Iuri Maria Prado
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L’arresto di un mafioso di tal calibro significa innanzitutto la decurtazione di una buona somma di rendita antimafia: meno materia per i reportage fantasiosi che fanno dell’Italia intera il latifondo della criminalità organizzata, meno ciccia per gli editori dei romanzi cospirazionisti che teorizzano che il sole si leva perché paga il pizzo e i ghiacciai si ritirano per favorire Cosa Nostra, meno trasmissioni televisive per i pubblici ministeri che fanno carriera proprio sulle latitanze dei boss e poi mannaggia i carabinieri li arrestano, e mo’ noi che facciamo, occorre indagare ancora, stai a vedere che li hanno arrestati per fare un favore a Berlusconi, oppure al ciuffo di Donald Trump, alle verruche di Viktòr Orban, o magari in esecuzione della trattativa per sabotare il Ddl Zan.


Nell’attesa del reddito da disoccupazione antimafia, giornalisti, scrittori, registi, attori, conduttori, sindacalisti, influencer della magistratura da telecamera, tutti sono tramortiti nel nuovo scenario deprivato della presenza dell’ennesimo capo dei capi finalmente finito in galera: non va bene, c’è del marcio a Palermo, del marcio perché lo arrestano, mentre se non lo arrestavano vabbè, pazienza, però intanto ci sta un altro libro, un altro film, un altro pippone per spiegare alla gente che deve essere triste perché c’è la mafia, che deve andare a letto pensando che c’è la mafia, svegliarsi ricordando che c’è la mafia e stare attenta a lavarsi i denti perché signori miei la mafia ormai è ovunque e anche gli spazzolini e il collutorio potrebbero fare concorso esterno. C’è da capirli, porelli. Economia in recessione.

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