Lega e Russia, riscossa-Savoini: "Ora cercate i rubli di chi ci infanga"
Dottor Savoini, mi congratulo: ancora a piede libero...
«Ahahahah... sarà che non funziona la giustizia. Oppure che non funzionano i cronisti di giudiziaria, perché io dei magistrati non posso lamentarmi. Mi hanno archiviato e si sono sempre comportati correttamente con me. Non ho patito restrizioni né spiacevoli inconvenienti».
Però è rimasto sotto scacco per tre anni e mezzo...
«Più che io, che ho sempre continuato a fare il mio lavoro e andare in Russia, sono rimasti sotto scacco la Lega e Matteo Salvini. Per una montatura mediatica che non aveva alcun risvolto penale. Il bersaglio vero non ero certo io. Hanno tentato di fermare Matteo, e in parte ci sono riusciti, come tentarono per vent' anni di fermare Berlusconi e, più recentemente, la Meloni, con quella buffonata delle accuse di fascismo a Carlo Fidanza».
Fa la vittima, ma non è un duro?
«Non faccio la vittima, punto l'indice. L'inchiesta contro di me è una macchinazione del sistema mediatico-politico globalista, che ha creato e tenuto in piedi per anni questa robaccia basata su intercettazioni illecite prive di ogni valore. Ora che ne sono uscito, la macchina del fango insiste per insozzare Salvini. Dicono che sapeva tutto e avrebbe dato l'assenso ma preteso di rimanerne fuori. L'assenso a cosa però, se non solo non ci sono stati reati ma neppure fatti.
Guardi, scriverò un libro».
Per spiegare la vicenda del Metropol?
«No, quella non esiste, lì non ho nulla da spiegare. Scriverò un libro sul tentativo della sinistra di sgambettare il governo, visto che ai tempi Salvini era ministro dell'Interno, attraverso accuse infondate».
Gianluca Savoini è stato per anni il tramite dei rapporti tra il leader della Lega e la politica grazie all'attività di Lombardia-Russia, l'associazione di cui è presidente. Ha seguito a lungo Bossi, prima della malattia del leader. È finito nei guai dopo la divulgazione a mezzo stampa dell'audio di una conversazione tenutasi nell'ottobre del 2018 nell'atrio del Metropol, albergo moscovita tradizionalmente teatro di complotti e spionaggio. L'accusa- corruzione internazionale- era di aver tramato per spuntare una tangente di 65 milioni di euro, da girare in parte alla Lega per finanziarne la campagna elettorale delle Europee del 2019, da una compravendita petrolifera di un miliardo tra una società pubblica russa e una controllata di Eni. Ma non ci fu mai nessuna compravendita, non si è trovato un solo rublo nelle tasche degli indagati, e tantomeno nelle casse della Lega, e sull'audio fonte dello scandalo aleggiano più misteri che certezze. Di conseguenza, dopo lungo penare, il fascicolo Savoini è stato archiviato dai magistrati. «Per forza» commenta, «tutte le accuse tirate fuori dai cronisti dell'Espresso, sulle quali sono stati fatti pure due libri, valgono zero».
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Lei però al Metropol c'era, dottor Savoini...
«Io ero stato invitato a Mosca con Salvini dalla Confindustria russa, che aveva organizzato incontri con gli imprenditori italiani in un altro hotel e mi aveva prenotato al Metropol la stanza per la notte. Per questo ero lì, ci dormivo; per la prima volta in vita mia, e non mi ha portato fortuna».
L'incontro registrato con Vannucci, Meranda e i rappresentati russi però c'è stato?
«Non mi riconosco in quell'audio e non me lo ricordo. Il Metropol è un porto di mare».
Dove gli squali nuotano bene...
«Gli squali sono i volenterosi killer mediatici italiani che hanno organizzato questa buffonata, gente di parte che da sempre ha il solo obiettivo di colpire il centrodestra. Vuole sapere com' è andata?».
Sono qui per questo...
«L'Espresso ha diffuso questo audio e, giustamente, nessuno se lo filava. Così l'hanno spedito ai loro amici del sito anglosassone BuzzFeed - che in inglese significa "mi nutro di pettegolezzi" - , i quali l'hanno rilanciato in modo che poi i cronisti italiani potessero ritornare sulla loro notizia, sostenendo che fosse autorevole e vera perché ripresa all'estero. Ma lo devo spiegare a lei? È la solita compagnia di giro, la stampa al servizio del regime che infanga chiunque si opponga democraticamente. La mia vicenda dimostra che in Occidente l'Italia non è alleata ma serva».
E Salvini e Meloni hanno piegato la testa?
«Hanno dovuto piegarla, ma mi lasci dire che sono dispiaciuto della deriva globalista della Lega».
Lei quindi sarebbe vittima di un complotto internazionale?
«Il complotto non era solo internazionale, anche dentro la Lega c'è stato qualcuno che ha operato contro di me per colpire il segretario».
Lei conosceva l'avvocato Meranda, l'uomo che avrebbe consegnato l'audio?
«Mi era stato presentato da ambienti della Lega romana. Ora che si è chiusa l'inchiesta contro di me, mi piacerebbe che se ne aprisse un'altra, per capire chi ha registrato un audio inutilizzabile e a che scopo lo ha diffuso. Chi sono i mandanti degli imbrattacarte? Qualcuno li ha pagati? Cercate i soldi lì, perché io non ho mai preso un rublo».
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Ma lei che lavoro fa?
«Io sono in Lega dal 1991 e ho fatto tante cose per il partito. In particolare, io ero il portavoce di Salvini, c'è un rapporto fiduciario tra noi. Ora ho un incarico in Regione Lombardia».
Le ha telefonato Salvini, dopo l'archiviazione?
«Ci siamo scambiati degli sms. Devo dire che non mi ha mai mollato».
Mi parli del suo secondo lavoro.
«Non ho un secondo lavoro, non sono un faccendiere o un lobbista, come sono stato dipinto. Come presidente di Lombardia-Russia mi attivo per aiutare le imprese italiane a fare affari con Mosca, senza mai ricevere un soldo da loro né dai russi. Il mio pensiero è sempre stato pubblico, ero e sono contro le sanzioni alla Russia e mi davo da fare per limitare i danni che queste procurano ai nostri mercati. Il tutto legittimamente e senza guadagnarci. Questo deve aver dato fastidio a qualcuno».
La Russia è un nemico...
«Ai tempi non lo era. Le cito Ezra Pound: "Se un uomo non è disposto a combattere per le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla lui". Resto convinto che l'Europa abbia sbagliato a chiudere la porta alla Russia per seguire solo gli Usa.
Abbiamo bisogno di Mosca. Il mio disegno geopolitico è sempre stato pubblico».
Putin ha sbagliato a invadere l'Ucraina?
«C'è stato un errore di valutazione, non si aspettava che l'America avesse già preparato la resistenza ucraina».
Intendevo ad attaccare...
«Putin puntava solo al Donbass, dove c'è una guerra civile dal 2008 e gli ucraini hanno ucciso 14mila persone, tra cui bambini. La storia non si racconta solo in un'unica versione».
Mosca si fermerà?
«Se ci sarà una pace giusta. L'Europa avrebbe potuto fare da mediatore, ma ha preferito entrare in guerra».
Mi pare molto di parte, e contro la parte italiana...
«La pace conviene a tutti. Perché nessuno dice la verità, ossia che questa crisi dipende solo dalla guerra e durerà finché durerà la guerra? In Occidente sta diminuendo la libertà di pensiero: se non condividi le idee del pensiero dominante, ti schiacciano. Io non penso che se bombardi a tappeto Belgrado o Baghdad sei un cavaliere della libertà e se in guerra bombardi Kiev sei un criminale».
Finiamola qui, non voglio inguaiarla, se l'è appena cavata...
«Io continuerò la mia vita di sempre, con le mie idee. Mi auguro solo che questi grandi giornalisti che venivano a cercarmi perfino in spiaggia, arrivando a disturbare mia madre novantenne e trattandomi come un criminale mentre ho ruoli istituzionali da trent' anni, si vergognino e mi lascino in pace per un po'».