Messina Denaro, trovato il secondo covo: dov'era il bunker
Il secondo covo di Matteo Messina Denaro esisteva davvero, ed è già stato individuato dalla Procura di Palermo e dia carabinieri del Ros. Le perquisizioni condotte martedì mattina nell'appartamento a piano terra in vicolo San Vito a Campobello di Mazara, la casa intestata al suo prestanome Andrea Bonafede (il nome fittizio con cui il boss di Cosa Nostra arrestato lunedì dopo 30 anni di latitanza conduceva una vita "normale"), non avevano portato a scoperte rilevanti: gli agenti avevano trovato preservativi, pillole di Viagra, arredi e abbigliamento di lusso, frigorifero pieno, una palestra privata. Tutti dettagli che svelavano la vita agiata del boss, ma nulla di significativo sul suo ruolo in Cosa Nostra, al di là di quello che già si sapeva. Nessun legame con Totò Riina, con il suo "tesoro", con le carte segrete relative, per esempio, al biennio delle stragi tra 1992 e 1994, durante il quale Messina Denaro era insieme mente e braccio destro del Boss dei boss.
Gli inquirenti avevano rivelato di cercare intercapedini e anfratti dove Messina Denaro potesse aver nascosto qualcosa. Ora l'indiscrezione: il capomafia avrebbe fatto costruire direttamente una sorta di bunker collegata all'appartamento della "famiglia Bonafede", nella stessa area. Cosa ci sia dentro, non è ancora dato sapere. Ma le speranze di chi indaga sono grandi, anche perché per il momento il boss rinchiuso nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila, al regime del 41 Bis, non sembra avere alcuna intenzione di "cantare" e di collaborare con la giustizia.
Nel frattempo, Messina Denaro potrebbe debuttare in un'aula di tribunale già domani, a Caltanissetta. Imputato come mandante delle stragi di via D'Amelio e Capaci del 1992, il 60enne ex super-latitante avrà come avvocato difensore la nipote Lorenza Guttadauro. Il primo grado si era concluso con la condanna all'ergastolo in assenza dell'imputato. Non è escluso, tuttavia, che l'udienza possa venire rinviata.