Carlo Nordio fermato sull'abuso d'ufficio: un caso al governo
Nulla da fare: l'abuso d'ufficio, il reato "prezzemolo" che da anni ormai non si nega a nessun sindaco o assessore, non verrà abolito ma sarà modificato per l'ennesima volta. È quanto emerso ieri al termine di un vertice a via Arenula con il ministro della Giustizia Carlo Nordio e i suoi collaboratori. Per eliminare questa spada di Damocle sulla testa dei pubblici amministratori, Nordio, aveva invece avanzato nelle scorse settimane la proposta di abolirlo per scongiurare così il rischio dell'amministrazione "difensiva", la cosiddetta paura della firma. Immediata era stata la reazione dei pm secondo cui una simile riforma avrebbe dato il via ad una giustizia «forte con i deboli e debole con i forti», di fatto un ritorno a «pre Mani pulite».
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L'abolizione dell'abuso d'ufficio era da sempre uno dei cavalli di battaglia del centrodestra. Il leader della Lega Matteo Salvini aveva sempre affermato che tanti operatori del pubblico gli chiedevano il superamento dell'abuso d'ufficio che sta «ingessando» il Paese. «Ci sono 8mila sindaci bloccati che non firmano nulla per paura di essere indagati», le parole di Salvini.
Di modifiche, come detto, l'abuso d'ufficio ne ha avute tante. La norma è stata modifica nel 1990, nel 1997 e nel 2020. Nel 2012 la legge Severino ne ha inasprito di un anno trattamento sanzionatorio, inizialmente «da sei mesi a tre anni». L'ultima modifica, in particolare, ha limitato il reato alle sole regole che non implicano l'esercizio di un potere discrezionale, escludendo che la violazione di una specifica ed espressa regola di condotta, caratterizzata da margini di discrezionalità, possa integrare un abuso d'ufficio penalmente rilevante.
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Modifiche che non hanno però mai soddisfatto gli amministratori pubblici. Per il presidente dell'Anci Antonio De Caro (Pd) «non cerchiamo l'impunità ma sono troppi i rischi penali e civili». «L'Italia è un Paese che ha 200mila leggi, decine di migliaia di regolamenti di attuazione, decine di migliaia di altre regole applicative delle leggi approvate. Ha un tasso di cambiamento vertiginoso che si aggiunge all'inflazione legislativa», aveva affermato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), più volte indagato per abuso d'ufficio. «Bisogna mettersi nei panni- aveva aggiunto De Luca - di un dirigente di un ufficio appalti di un Ente pubblico e cercate di capire come sia possibile muoversi in questo ginepraio, nel quale il reato di abuso d'ufficio diventa uno di quelli che io chiamo inevitabili».
Lo "spauracchio" è determinato dalla legge Severino che consente di sospendere dall'incarico gli amministratori che vengono condannati anche solo in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione. Senza considerare le conseguenze "obbligatorie" per il funzionario condannato, sempre solo in primo grado: decurtazione dello stipendio e trasferimento d'incarico. Per il deputato dem Alfredo Bazoli, favorevole ad una riflessione sulla legge Severino, l'ultima formulazione del reato era un buon compromesso. «Il referendum dello scorso giugno che voleva abrogare del tutto la legge Severino ha complicato la discussione fra i partiti. Il Pd è favorevole ad una riscrittura di alcune parti della norma, differenziando meglio le responsabilità del politico, sindaco o l'assessore, da quelle del dirigente», aveva dichiarato il deputato dem.