Nordio e la riforma Severino? Basta violare la presunzione di innocenza
Il Ministro Nordio ha annunciato la volontà di riformare la legge Severino, precisando che la norma sull'incandidabilità non dovrebbe essere applicata ai condannati in primo grado, perché confliggente con la presunzione di innocenza. L'intento del ministro è meritorio, ma lambisce solo una parte del mostro giuridico che vive nel nostro ordinamento dove proliferano istituti, misure normative o provvedimenti dell'autorità giudiziaria che sono inconciliabili con il principio di presunzione di innocenza. Vi sono punizioni, penalità, la perdita di requisiti soggettivi che incidono sul patrimonio o limitano lo status dell'individuo, senza che sia stata legalmente provata la sua colpevolezza.
Si prendano ad esempio le misure di prevenzione che portano a comminare confische di beni anche prima dell'accertamento definitivo del reato da parte del soggetto vittima ditali provvedimenti sulla base di meri indizi di pericolosità. La confisca prevede l'acquisizione coatta, senza indennizzo, da parte dello stato dei beni o dell'intero patrimonio dei quali il proprietario non ha dimostrato la legittima provenienza. In sostanza, vi è un ribaltamento delle posizioni, dove l'onere della prova di dimostrare la legittimità dei propri averi è in capo al sospettato e non invece all'autorità giudiziaria di provare il contrario. E per l'autorità giudiziaria il mero sospetto assurge a prova, minando le garanzie del giusto processo e stridendo con i principi di legalità, tassatività e determinatezza della legge penale.
Una palese violazione del principio di presunzione di innocenza si ha anche nel settore dei contratti pubblici: la pubblica amministrazione ha l'obbligo di escludere i concorrenti dalla gara nell'ipotesi in cui abbiano riportato condanne anche non definitive per alcuni reati, riconoscendo alla stazione appaltante la discrezionalità di estromettere le ditte che si siano rese colpevoli di gravi illeciti professionali. Inoltre, costituisce motivo di esclusione la sussistenza in capo all'operatore economico, di un suo socio, odi un consigliere di amministrazione, di una misura di prevenzione definitiva, anche se cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara. Ed ancora un concorrente può essere escluso dalla procedura d'appalto pubblico se la stazione appaltante sa che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi di pagamento delle imposte o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione.
Così, basta ricevere una "cartella pazza", cioè un accertamento tributario non fondato, per essere esclusi dalla partecipazione a procedure di affidamento di contratti con la pubblica amministrazione. Inoltre, viene attribuita alle Pa ampia facoltà di escludere ditte che si sono dimostrate inaffidabili, anche in mancanza di un accertamento definitivo: ad esempio, a causa di violazioni di obblighi ambientali, concorrenziali o sociali, come quelli in materia di accessibilità per le persone con disabilità. Così, indipendentemente dal fatto che l'operatore economico abbia la capacità per l'esecuzione dell'appalto, anche senza una condanna definitiva, il legislatore può considerarlo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione.
di Pieremilio Sammarco