Carlo Nordio, corruzione: "Impunità se collaborano"
"Inutili e dannose": così Carlo Nordio ha definito le leggi sulla corruzione, spingendo per una loro revisione o anche per la loro abolizione. Le norme in questione avrebbero puntato sull'inasprimento delle pene nel corso del tempo, cosa che non avrebbe portato risultati. Il ministro della Giustizia, come riporta il Messaggero, ne ha parlato durante un convegno alla Farnesina nella giornata internazionale contro la corruzione. In quell'occasione ha anticipato quella che sarà la sua strategia contro il fenomeno: il suo obiettivo è spezzare il legame tra corrotto e corruttore.
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Nordio ha chiarito come la sua riforma riguarderà in primis il reato di corruzione: "Oggi corrotto e corruttore sono tutti e due punibili e quindi hanno interesse a tacere quando vengono interrogati dal magistrato. Bisognerebbe interrompere questa convergenza di interessi e far sì che chi ha pagato sia indotto a collaborare, attraverso l’impunità, o una profonda revisione dello stesso reato di corruzione". Lo scopo è "fare in modo che uno dei due collabori, altrimenti è un reato di cui sapremo mai nulla". Secondo il ministro, però, non può essere "la minaccia della galera a indurre una persona a parlare", altrimenti "cadremmo nella barbarie giuridica".
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"In questi 25 anni sono state elaborate varie leggi anticorruzione, sono state inasprite pene, ma non è servito a nulla - ha proseguito il ministro -. La conclusione che ho maturato è che è inutile cercare di intimidire il potenziale corrotto: non lo sarà mai dal numero delle leggi e dall’asprezza delle pene, perché sarà sempre convinto di farla franca". Il problema, secondo Nordio, è rappresentato dall'eccessiva quantità di leggi sulla materia. In Italia, infatti, la produzione normativa è "10 volte superiore alla media europea". Di qui la soluzione, ossia "delegificazione rapida e radicale per ridurre le leggi, individuare bene le competenze e semplificare le procedure".
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