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Il sommergibile salva Salvini: un siluro sui pm politicizzati

Pietro Senaldi
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Un sommergibile salva Salvini e con un siluro affonda i pm: il mezzo militare, navigando, ha intercettato i discorsi tra gli scafisti e gli operatori cosiddetti umanitari della nave dell'ong Open Arms. Oggetto dei colloqui, l'accordo su dove traghettare decine di immigrati clandestini dalle zattere salpate dalla Libia sull'imbarcazione, pronta a virare poi verso le coste italiane. Per essersi opposto per pochi giorni, con tutto il governo, allo sbarco dei profughi così "tratti in salvo dalle acque", l'allora ministro dell'Interno leghista è tuttora a processo per sequestro di persona e rischia una quindicina d'anni di carcere.

 

 

 


Da quasi tre anni, cioè da quando furono rese pubbliche le telefonate dell'allora capo dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, che confidava al procuratore di Perugia che «Salvini non è un sequestatore ma va portato a giudizio perché è un nemico politico», tutta Italia sa che il processo è una farsa, un atto d'imperio con il quale si vuole mettere in croce il leader del Carroccio. Oggi, grazie al sommergibile e a Giulia Bongiorno, avvocato dell'allora titolare del Viminale, sappiamo anche che i magistrati dell'accusa avevano le prove dell'innocenza di Salvini ma le hanno tenute nel cassetto, perché avrebbero fatto crollare il loro castello accusatorio. Se infatti i clandestini non sono stati salvati dal mare ma semplicemente sono stati trasbordati da un'imbarcazione all'altra, come da accordi presi prima di partire, essi non sono naufraghi ma passeggeri di una nave, respinti alla frontiera italiana perché privi di visti e documenti, come può capitare a chiunque.

 

 


FIANCHEGGIATORI

Questa notizia in apparenza pittoresca, è la riprova di tre grandi verità sull'immigrazione che dal Nord Africa si dirige verso la Sicilia e sullo scontro politico fiorito intorno a essa. La prima è che alcuni volontari delle ong non sono dei santi ma gente che ha trovato un modo di campare. Non sono eroi ma fiancheggiatori degli scafisti. Non sono idealisti ma persone che sfruttano il dramma degli immigrati per tirare sera, incuranti di quanto il soccorso che garantiscono, non ai naufraghi ma ai trafficanti di uomini, generi violenza, morti, speranze tradite, soldi sporchi.


La seconda è che una piccola, ma estremamente attiva, parte della magistratura usa il proprio potere come un randello politico con cui menare l'avversario, e pur di raggiungere lo scopo è pronta a sorvolare sui diritti delle persone e sulla giustizia in generale. Non si tratta di giudici ma di falangi armate di manette. Non cercano giustizia ma potere. Non vogliono applicare le leggi e tantomeno sottomettervisi ma si ergono sopra lo Stato, come legionari-dittatori del bene.

La terza è che la sinistra ormai dipende dall'azione della parte più faziosa della magistratura, alla quale da decenni ha delegato la parte più rilevante della lotta politica. Con i risultati che si sono visti. Un tempo era Berlusconi, poi è toccato a Salvini, prima ancora la Democrazia Cristiana e i socialisti, e ora si aprono gli armadi dei nuovi padroni alla caccia di chissà quali scheletri, dopo che quelli fascisti non sono stati trovati. Pd e magistrati lavorano da anni alla creazione in Italia di una sorta di democrazia autoritaria del bene (secondo loro), un progetto fallito politicamente, economicamente, socialmente e tecnicamente che ha visto il crollo sotto scandali, abusi di potere e contraddizioni di tutti i loro teoremi e le loro parole d'ordine. Tra questi anche quello dell'accoglienza indiscriminata e del Salvini rapitore di bambini neri.

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