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Nicola Fratoianni, trappola comunista: chi rischia le manette dopo il suo esposto

Sandro Iacometti
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Gli aiuti alle imprese non arrivano, ma le manette sì. Tanto per avvelenare un altro po' il clima e rendere un pizzico più movimentata la caccia alle streghe già in atto contro i furbetti del caro-energia, la magistratura ha deciso di scendere in campo sulle bollette. Prendendo sul serio le denunce, chiaramente con finalità elettorali, presentate a fine agosto dai due leader dei Verdi e di Sinistra Italiana, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, la procura di Roma ha infatti avviato le indagini contro le imprese che avrebbero nascosto al fisco il tesoro guadagnato con l'aumento del prezzo del gas.

 

 

Un modo come un altro per buttare un po' di soldi dei contribuenti. Il fascicolo è chiaramente contro ignoti, ma l'inchiesta è partita davvero. La procura ha incaricato la Guardia di Finanza di redigere un'informativa che possa far luce sulla questione. Il punto di partenza non è proprio una notizia di reato, ma il proclama anticapitalista dei due alleati del Pd che hanno puntato il dito contro «le tasse non pagate dai colossi energetici».

Le prove? Eccole. «Eni nell'ultimo trimestre 2021, rispetto al periodo precedente, ha conseguito un utile del +3.870% pari a 2 miliardi di euro, sempre Eni nel primo trimestre del 2022 ha conseguito un utile del +670% per 7 miliardi di euro». E siccome profitto significa «ingiustizia», seppure «sociale», visto che i guadagni sono stati ottenuti in maniera del tutto legale e legittima, Bonelli e Fratoianni ritengono che della questione debbano al più presto occuparsi le autorità giudiziarie.

«È con soddisfazione che apprendiamo dell'apertura di un fascicolo sugli extraprofitti delle aziende energetiche», si sono affrettati a far sapere i due, ritenendo «scandaloso» che la tassa disposta dal governo non sia stata versata. Ora, che un po' di soldi manchino all'appello è un dato di fatto. I tecnici del Tesoro avevano calcolato un gettito complessivo di circa 10mila euro e un acconto (del 40%) di 4 miliardi. In cassa ne è arrivato poco più di un uno. Così come è vero che mentre tanti ci hanno perso, qualcuno con la guerra del gas ci ha fatto il grano. 

 

 

Detto questo, che la tassa del 25%, basata sul calcolo dei versamenti Iva e non sui profitti, fosse un po' sballata e il suo gettito assai aleatorio è un concetto che gli esperti (e anche alcuni giornali) vanno dicendo dallo scorso maggio. Ed è proprio per questo che alcune municipalizzate come la bolognese Hera e la romana Acea, controllate da comuni guidati, guarda un po’, da sindaci del Pd, hanno deciso di fare ricorso contro il balzello. O vogliamo forse sostenere che Lepore e Gualtieri (tra l’altro ex ministro dell’Economia) sono schierati al fianco dei colossi dell’energia che si stanno arricchendo a spese della povera gente?
 
Se invece vogliamo prendercela con l’Eni, anche lasciando stare che quegli utili favolosi sono stati fatti quasi interamente all’estero,forse a Bonelli e Fratoianni è sfuggito che il gruppo (come tutte le utility di grandi dimensioni) ha pagato oltre 500 milioni di acconto, quantificando la tassa in 1,4 miliardi. Che non sono proprio bruscolini.

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