Sigfrido Ranucci di Report indagato: "Ma non si diceva che...". Dimissioni, bomba Rai
Per Sigfrido Ranucci i guai non sono finiti. Il conduttore di Report è stato iscritto dalla Procura di Roma nel registro degli indagati dopo la denuncia per minacce presentata da Andrea Ruggieri, parlamentare di Forza Italia e membro della Commissione di Vigilanza Rai.
Un "atto dovuto" a seguito del parapiglia che si scatenò mesi fa, dopo un'infuocata riunione della Commissione della tv pubblica. Esattamente il 24 novembre, quando il deputato Davide Faraone, di Italia Viva, parlò di un dossier su Ranucci contenente presunte accuse di molestie sessuali perpetrate nei confronti di colleghe, e anche di attività di dossieraggio e pagamenti irregolari per servizi televisivi di Report. Accuse da cui il conduttore della trasmissione di Rai3, dopo l'istruttoria interna dell'audit Rai, venne assolto ad aprile, con richiamo formale (relativo ai metodi di lavoro, non alle molestie). L'audit scrisse di aver «proceduto al formale richiamo del dottor Ranucci all'osservanza dei principi etici e di comportamento aziendali, nonché dei doveri deontologici cui sono tenuti i giornalisti del servizio pubblico».
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SCAMBI DI FUOCO - Nell'arco di tempo tra l'uscita del dossier e il pronunciamento dell'audit Rai, però, tra Ranucci e Ruggieri erano volati stracci. In Commissione di vigilanza Ruggieri aveva in un certo senso preso le parti di Ranucci, sostenendo che quel materiale lo avesse ricevuto anche lui ma che aveva deciso di cestinarlo per via dell'assenza di elementi fondati, invitando la Rai a fare chiarezza a tutela del buon nome dell'azienda, di Report e del conduttore.
Ranucci andò comunque su tutte le furie, e il giorno dopo scrisse a Ruggieri su WhatsApp messaggi del tipo: «Quello che tu e Faraone avete fatto è vergognoso. A me potete buttare tutto il fango che maneggiate. Non mi interessa. Ma che, per buttarlo su di me, abbiate coinvolto persone innocenti e brave professioniste è indegno dal punto di vista umano e parlamentare. Poi detto da uno che ha come capo il top player mondiale del bullismo sessuale (il riferimento è a Silvio Berlusconi, ndr) è comico». E ancora: «Di dossier anonimi ne arrivano a decine sui politici... tutti... tra uso di cocaina, scene da basso impero su yatch... io ho una dignità». Infine un eloquente: «Siete delle merde».
Ruggieri rispose di averlo difeso e si disse sorpreso che, in quello sfogo così colorito, Ranucci avesse praticamente ammesso di avere infiniti dossier di quel genere, ben 78mila, e avesse tirato in ballo anche la compagna e la figlia del deputato azzurro. Tutto materiale che Ruggieri lesse ad alta voce in Commissione di vigilanza davanti agli altri deputati e all'ad Carlo Fuortes, annunciando che avrebbe depositato i messaggi minatori di Ranucci, oltre che in Vigilanza, anche alla Procura.
Se la Rai se n'è in un certo senso lavata le mani, sostenendo che, trattandosi di scambi privati fra i due, la questione non riguarda la tv pubblica.
Ora però sul fronte giudiziario sarà il pubblico ministero Carlo Villani a dover decidere se archiviare il caso o chiedere il rinvio a giudizio del volto del conduttore di Report.
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DUE PESI E DUE MISURE - Ranucci, come riportano all'Adnkronos fonti vicine al giornalista, non intende commentare l'indagine, e avrebbe anche sottolineato con il suo entourage che «l'autore della denuncia è lo stesso che ha reso nota una lettera anonima rivelatasi completamente falsa al vaglio dell'audit aziendale e della Procura. Comunque - avrebbe concluso Ranucci con i suoi - io, a differenza di molti di quelli che mi attaccano, ho fiducia nella magistratura». Il conduttore di Report si sarebbe anche sfogato con i suoi collaboratori per le assenze, «di fronte ai continui attacchi al lavoro della redazione», di voci «che sottolineino il lavoro fatto nell'ultimo anno con l'aumento di 1,5% di share anche a fronte dell'aumento del numero delle puntate». Se l'esistenza di un "metodo Ranucci" non è stata confermata dalla Rai, esiste da sempre un "principio Ranucci" che piace tanto ai grillini: quello di invitare importanti dipendenti pubblici a dimettersi quando finiscono sotto indagine. Chissà se lui farà eccezione.