Giustizia, la vera riforma? Spazzare via i politici dal vertice del Csm
La riforma Cartabia è divenuta legge e con essa la nuova disciplina che regola le modalità di elezione dei componenti del Csm. Archiviate le polemiche sull'efficacia o meno del complicato sistema elettorale adottato per i componenti togati, vi è un punto che è centrale e che è stato omesso di considerare dai commentatori che a vario titolo hanno preso posizione. Si tratta dell'elezione del vice Presidente del Csm, ovvero del componente che sostituisce il Presidente della Repubblica e che rappresenta all'esterno l'istituzione. Il suo ruolo è davvero rilevante e fa da raccordo con le associazioni della magistratura, con il Parlamento e con il Governo nei rapporti istituzionali e nelle consultazioni per le riforme.
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Ebbene, proprio per dare un forte segnale di cambiamento dopo ciò che è emerso a causa della vicenda Palamara che ha fatto emergere la contiguità tra potere politico, esponenti del Csm e magistratura, occorre, nell'auspicio di voltare pagina, che la figura del vice Presidente del Csm non sia attribuita a chi ha ricoperto- o ricopre fino alla sua elezione - un ruolo all'interno di un partito politico. Solo in questo modo verrebbe meno agli occhi del pubblico quella contiguità tra politica e magistratura che ha giustamente attirato molte e veementi critiche.
Sono vent' anni ormai, dunque tutti gli ultimi cinque Consigli del Csm, che il ruolo di vice presidente è stato assegnato ininterrottamente a un esponente politico; nel 2002 a Rognoni, nel 2006 a Mancino, nel 2010 a Vietti, nel 2014 a Legnini e nel 2018 a Ermini. Questo aspetto ha contribuito a costruire un ponte tra politica e magistratura e ad alimentare i sospetti nella collettività circa l'indirizzo o le decisioni che di volta in volta il Csm si è trovato ad affrontare.
Sono lontani i tempi in cui tale ruolo veniva affidato a professori universitari slegati dai vincoli di partito, selezionati per lo più per il prestigio che ricoprivano nell'accademia e per la cultura giuridica che rappresentavano. Si pensi a figure come Giovanni Conso, Piero Alberto Capotosti e Cesare Mirabelli, giuristi che non ricevevano indicazioni dai partiti, ma erano guidati nel loro delicato compito, solamente dalla loro sensibilità giuridica. Per rompere tale malsana catena magistratura -politica occorre rifarsi a questo modello ed affidare il ruolo di vice presidente a un non politico. Ma sapranno i partiti rinunciare a questa loro prerogativa?
di Pieremilio Sammarco
Ordinario di Diritto Comparato