Marta Cartabia, lo "sfregio" subito dai magistrati dopo il referendum: "Molti italiani..."
I "vincitori" della tornata referendaria? I magistrati. Saranno loro, e non i vertici del Pd che si sono battuti affinché non venisse raggiunto il quorum, i beneficiari del flop dei cinque quesiti sulla giustizia. La scarsissima percentuale di votanti ha avuto come primo effetto quello di rivitalizzare l'Associazione nazionale magistrati e far dimenticare gli scandali che hanno travolto le toghe nell'ultimo periodo. Nomine pilotate al Csm, processi aggiustati, prove nascoste agli imputati, innocenti arrestati, tutto dimenticato nello spazio di un mattino.
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QUESITI INADEGUATI La bassa affluenza alle urne per i referendum «non ci stupisce» e «avevamo già detto che erano quesiti del tutto inadeguati ad affrontare i problemi della giustizia e che non coglievano il nocciolo delle questioni e non mi sorprende che il corpo elettorale abbia dato queste risposte», è stato il commento a caldo del presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia. «Soprattutto», aggiunge il capo delle toghe «è una conferma a quello che noi diciamo da tempo: la separazione delle carriere non è una cosa buona. È la seconda volta che viene bocciata, e questa volta in maniera ancora più pesante, dai cittadini e auspico che il Parlamento e la ministra Cartabia tengano conto delle indicazioni emerse ieri dal voto referendario». «Non credo ci sia un problema di disaffezione odi frustrazione dei cittadini. Credo che i cittadini non hanno risposto perché i quesiti erano alcuni mal posti e altri erano del tutto marginali», ha poi risposto Santalucia a chi gli domandava se la misera affluenza alle urne non fosse il segno evidente della rassegnazione degli italiani su come funziona la giustizia nel nostro Paese. A girare il coltello nella piaga ci ha comunque pensato il segretario generale dell'Anm Salvatore Casciaro: «Alcuni dei quesiti erano nati sotto il segno della rivalsa nei confronti della magistratura ed erano volti a indebolirne surrettiziamente il ruolo e a ridimensionarne la funzione costituzionale». Secondo Casciaro i cittadini avrebbero addirittura «colto questo uso strumentale del referendum e non hanno condiviso il disegno politico sottostante». L'aver disertato in massa le urne sarebbe il segno evidente del «dissenso sul merito dei quesiti», avendo i cittadini percepito «i rischi riconnessi alle soluzioni suggerite dai promotori». «Una percentuale di affluenza intorno al 20 per cento, tra le più basse in assoluto, è in sé un dato eloquente», ha sottolineato Casciaro, respingendo le accuse dei radicali: «Si è gridato al complotto, ma, piuttosto che andare alla ricerca delle responsabilità di altri, sarebbe forse più utile guardare in faccia la realtà: i quesiti, per varie ragioni, non hanno avuto l'appeal che immaginavano». Da parte dei vertici dell'Anm non è mancato, infine, un commento a proposito della riforma Cartabia, la cui approvazione è prevista per questa settimana in Commissione giustizia al Senato: «L'auspicio è che ci possa essere lo spazio, e soprattutto la volontà, per apportare alcuni correttivi, indispensabili per assicurare l'efficienza della giurisdizione nel rispetto delle garanzie della funzione giudiziaria».
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NON TOCCATE I PRIVILEGI Frecciate alla Guardasigilli sono arrivate, invece, dai due più famosi e scortati magistrati antimafia d'Italia: il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e l'ex pm del processo Trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo. «Evidentemente», ha detto Di Matteo «molti italiani hanno capito che con il referendum non si voleva migliorare la giustizia ma punire la magistratura e renderla meno autonoma e indipendente. Purtroppo anche la riforma Cartabia va nella stessa direzione». Dello stesso avviso Gratteri: «L'85 per cento degli italiani, non votando, ha detto che evidentemente la separazione delle carriere non la vuole, né la valutazione dei magistrati da parte degli avvocati, basterà al governo per capire che questa riforma dell'ordinamento giudiziario non va bene?». Comunque vada a finire, pericolo scampato per le toghe.