Ergastolo, Vittorio Feltri: il carcere a vita è una barbarie, perché serve una nuova legge
Da qui ai prossimi sei mesi, così come ha stabilito la Corte Costituzionale concedendo un ulteriore rinvio proprio la scorsa settimana, il Senato dovrà riscrivere la legge relativa all'ergastolo ostativo. Se ne discetta tutti i giorni da circa un anno di "ergastolo ostativo" e ancora tanto se ne parlerà e sono pronto a giurare che pochi cittadini ci abbiano capito qualcosa, dato che noi giornalisti abbiamo il pessimo vizio di dare per scontato quello che proprio noi mai dovremmo considerare ovvio, ovvero che chi ci legge sia già perfettamente a conoscenza dell'argomento.
Del resto, tale espressione non risulta nei codici, non è contenuta in nessuna norma. Dunque, nel diritto non esiste. Per "ergastolo ostativo" si intende la perpetuità della detenzione quando il condannato per reati mafiosi non abbia collaborato con la giustizia. Quindi, per questa categoria di ristretti, quantunque abbiano già trascorso dietro le sbarre venti o trent' anni, l'ottenimento della libertà condizionale, ad esempio, è subordinato alla condizione che essi abbiano collaborato o decidano di collaborare con la giustizia.
Fu la Cassazione a sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'art 4bis dell'ordinamento penitenziario del 1975 ove non permette la liberazione condizionale per chi non collabora. E lo scorso anno, in effetti, la Consulta bocciò, non senza suscitare un dibattito rovente, l'ergastolo ostativo. Il Parlamento si è dato da fare per scrivere una legge che fosse in linea con questa decisione, ma il risultato è stato scadente, ovvero esso ha elaborato una procedura molto complessa per giungere eventualmente alla liberazione condizionale, di fatto resa quasi inaccessibile. Ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, in una intervista in cui ha illustrato i motivi per i quali è stato concesso il rinvio alle Camere allo scopo di migliorare una norma già dichiarata incostituzionale un anno fa, il presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, specificando la necessità di un bilanciamento tra le libertà costituzionalmente garantite e la sicurezza pubblica, ha messo ancora una volta in luce un problema, a mio avviso da non sottovalutare, cioè quello delle false collaborazioni per assicurarsi la libertà condizionale.
In fondo, se imponi ad un soggetto di collaborare con la giustizia per ottenere dei benefici, è probabile che questi, per ottenere quei benefici, finga la collaborazione o inventi addirittura fatti mai accaduti per guadagnarsi una boccata d'aria. E di fasulli collaboratori di giustizia la Giustizia, già messa male in Italia, non ha proprio bisogno.
Quella sull'ergastolo ostativo è una battaglia di civiltà. Rinchiudere a vita, ovvero finché non subentri il trapasso, una persona in una cella, quantunque ella abbia compiuto reati connessi all'associazionismo mafioso, non lasciarle alcuna speranza di uscire, neppure un misero brandello, e nemmeno l'aspettativa di essere reinserita in società, equivale in sostanza al condannarla a morte precoce, una morte civile, certo, ma pur sempre di morte si tratta. Anche per coloro i quali hanno fatto parte della criminalità organizzata la detenzione riveste una funzione rieducativa e non meramente punitiva. E la rieducazione è sempre funzionale al reinserimento sociale. Imporre ad un ex mafioso di collaborare con la magistratura per usufruire della libertà condizionale, magari dopo decenni che questi se ne sta lontano dagli ambienti criminali, significa altresì vincolarlo a permanere non soltanto nell'istituto penitenziario ma altresì in determinate scelte esistenziali deviate assunte lustri prima. Siamo sicuri che così facendo realizziamo il bene dell'individuo e dello Stato?