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Open Arms, Salvini scagionato dal teste dell'accusa? Ma il pm... retroscena e scandalo: cosa è successo davvero in aula

Salvatore Dama
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Succede un po’ di tutto al processo di Matteo Salvini, quello che vede il leader della Lega imputato con l’accusa di sequestro di persona nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. Black out elettrici. Liti tra pm e avvocati. Performance artistiche davanti al carcere. E un testimone chiamato dall'accusa che finisce per difendere l'operato dell'ex ministro dell'Interno. Venerdì mattina. Si celebra una nuova udienza del processo Open Arms, la nave spagnola con 147 migranti a bordo che, nell'agosto 2019, stazionò al largo di Lampedusa in attesa di chiarire quale fosse il porto dove sbarcare. Troppo tempo, secondo l'accusa, motivo per cui il Capitano è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio. Salvini pubblica un selfie: «In quest'aula bunker si processano i mafiosi, oggi l'imputato sono io». Matteo non si pente: «Ho difeso i confini, l'onore e la sicurezza dell'Italia. Sono orgoglioso di averlo fatto e non vedo l'ora di tornare a farlo».

 

 

Nell'aula sono scintille tra accusa e difesa e l'udienza viene sospesa per alcuni minuti. Capita durante la testimonianza di Fabrizio Mancini. Il direttore del Servizio Immigrazione presso la Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Viminale sta rispondendo alle domande del pm relative ai tempi dello sbarco, ma mentre riferisce che, sia prima sia dopo il caso Open Arms, c'erano stati episodi simili («La procedura prevedeva l'attesa di qualche giorno perla redistribuzione europea»), il pm lo interrompe. Con «toni aggressivi», lamenta l'avvocato Giulia Bongiorno. Che succede? Che il teste dell'accusa finisce per dare ragione a Salvini. O, comunque, dalle sue parole si capisce che le ong facevano un po' come volevano loro. Alcune di esse, riferisce Mancini, «andavano fuori dalle regole, avevano messo in piedi un sistema alternativo a quello ufficiale, molte volte non dandone nemmeno comunicazione alle autorità». Fino al 12 febbraio 2019, prosegue il testimone rispondendo alle domande dell'accusa, «era il Dipartimento per le libertà civili del Viminale a decidere quale porto assegnare alle imbarcazioni con a bordo i migranti. Dopo quella data la richiesta del Pos veniva veicolata anche direttamente al gabinetto del ministro dell'Interno».

 

 

Nel caso specifico di Open Arms, la decisione fu «della Direzione centrale immigrazione, o il mio direttore centrale, ma l'indicazione arrivava dal gabinetto del ministro dell'Interno». Un problema all'impianto elettrico porta a una nuova interruzione dell'udienza. Salta il sistema di amplificazione. Poi i lavori riprendono con altre testimonianze. Parla Anabel Montes, capo missione di Open Arms: «Dopo il secondo salvataggio del 2 agosto 2019, 69 persone che si aggiungevano ai 55 del giorno prima, Malta ha atteso prima di rispondere negativamente alla nostra richiesta di Pos. L'Italia ci comunicò che avrebbe trasmesso la comunicazione alle autorità competenti. Nel frattempo, stante il no di Malta, il porto più vicino era Lampedusa. Nel tragitto verso l'isola abbiamo ricevuto un decreto d'interdizione alle acque territoriali italiane, mai violato da parte nostra».

 

 

Secondo Matia Maria Di Natale, medico del Cisom, le condizioni dei migranti a bordo «erano precarie, erano ammassati», diversi presentavano ferite, «per armi da sparo, riferivano». Davanti all'aula bunker dell'Ucciardone va in scena una performance statica del movimento artistico-culturale Our Voice in cui l'ex ministro è rappresentato seduto su una sedia, mentre ai suoi piedi ci sono tre ragazzi seminudi, avvolti in un telo trasparente. Al termine dell'udienza Salvini rilascia dichiarazioni anche su altri temi. Sull'Ucraina («Spero che l'Europa sia promotrice di pace e non di invio di altre armi»), sul tema della denatalità («In Ungheria da qualche anno funziona la legge per la natalità, che si fonda su prestiti a tasso zero e mutui agevolati per chi si sposa e fa figli»), sui complicati rapporti all'interno della maggioranza: «Non mi interessano le beghe di M5s e Pd».

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