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Tangentopoli, perché il nome "Mani pulite" fu una pessima idea

Iuri Maria Prado
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Mi occupo da trent' anni di criminalità giudiziaria, cioè dei delitti perpetrati in nome del popolo italiano dalla piovra in toga. Che non è "la" magistratura, come la mafia non è la Sicilia: ma ne è l'agente plenipotenziario, dotato tuttavia di un potere che è usurpato e si impone su un consorzio sociale intimidito e omertoso.
Ora sono stato querelato da tre famosi magistrati per aver scritto che la cultura di "Mani Pulite", sin dal nome che essa ha prescelto per accreditarsi in questo Paese di giustizia corrotta, rappresenta un'oscena e proterva manifestazione di prepotenza, che ha insultato irrimediabilmente il poco residuo della civiltà giuridica (anzi della civiltà punto e basta) del nostro ordinamento sociale.
Allora, aprano bene le orecchie i querelanti, che chiedono la galera per chi scrive queste cose: non solo rivendico quel mio convincimento, e il diritto di esprimerlo, ma mi impegno a diffonderlo nuovamente e ulteriormente per quel che posso, appunto come faccio da decenni.
Rivendico il diritto di dire che che la dicitura "Mani Pulite" è oltraggiosa, e che è eversiva e incivile la cultura che l'ha adottata. Così come rivendico il diritto di dire che l'azione giudiziaria che ha preteso di ispirarvisi ha danneggiato molto gravemente questo Paese, le istituzioni repubblicane, il decoro nazionale. Posso comprendere che sia inconcepibile, per i magistrati poco impensieriti dalle adunate del popolo onesto che sotto ai balconi delle procure strillava di gioia per l'ordine di arresto quotidiano: ma c'è chi crede, querela o non querela, che essi abbiano fatto molto male il loro lavoro e che abbiano fatto molto male a molte persone. È chiaro?

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