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Giustizia, la sfida del centrodestra? Mobilitare gli italiani contro il "Sistema"

Fausto Carioti
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La sfida, adesso, è portare alle urne la maggioranza degli italiani. Indispensabile per rendere validi i cinque referendum sulla giustizia dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale. Giuliano Amato e i suoi colleghi hanno affossato quello che la corporazione togata temeva di più: se approvato, avrebbe introdotto la responsabilità civile diretta dei magistrati, al posto di quella indiretta (il cittadino può rivalersi solo verso lo Stato e non verso il magistrato: una farsa). Ciò che resta è sufficiente comunque a dare la scossa. A partire dal quesito che chiede la separazione delle funzioni dei magistrati, i giudicanti da una parte e i requirenti dall'altra: anch' esso sgradito alla categoria, eppure scampato alla ghigliottina. Sarebbe stato difficile fare il contrario: non è altro che la versione aggiornata di quello che fu ammesso nel 2000, e fallì proprio per non aver raggiunto il quorum (anche perché Silvio Berlusconi, all'epoca leader dell'opposizione, aveva invitato gli italiani all'astensione).

 

 

IL RUOLO DELLA SINISTRA
Sopravvissuti pure i referendum per limitare il carcere preventivo, abrogare la legge Severino e cambiare le regole per l'elezione dei membri togati del Csm e il voto nei consigli giudiziari. Anche questi, però, sono stati penalizzati dai verdetti emessi ieri dalla Consulta. Tra i quesiti sotto esame ce ne erano infatti due proposti dall'associazione Luca Coscioni e altre organizzazioni: quello per l'omicidio del consenziente e quello per la "cannabis legale". Martedì la Consulta aveva dichiarato inammissibile il primo, ieri ha fatto lo stesso col secondo. In questo modo sono stati tolti di mezzo i referendum in grado di allargare la platea dei votanti agli elettori progressisti e giovani per i quali la riforma della giustizia non è una priorità, ma sono interessati a cambiare le regole sul fine vita e gli spinelli. Dal Pd, i fedelissimi di Enrico Letta hanno detto subito che «il luogo in cui fare le riforme è il parlamento» (tipico di chi vuole lasciare tutto com' è). Sul fronte M5S, l'avvocato Giuseppe Conte ha bollato quei referendum come «inidonei a migliorare e rendere più equo il servizio della giustizia». E sebbene tra i loro elettori non manchino quelli determinati a riformare la giustizia per via referendaria, è evidente che al Nazareno e nel movimento grillino, anche per contiguità con certe correnti della magistratura, puntano tutto sull'astensione e a far saltare alcuni referendum con un mini-intervento del parlamento. Alla Camera, infatti, sono in arrivo gli emendamenti del governo alla riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, che riguardano le materie oggetto di tre dei cinque quesiti ammessi, incluso quello per la separazione delle funzioni dei magistrati.

 

 

L'ERRORE DA EVITARE
E allora la grande domanda è: riuscirà un centrodestra diviso a mobilitare la quasi totalità del suo popolo? Da questo dipende il risultato finale. Il partito di Giorgia Meloni ha fatto sapere che si batterà solo per due quesiti, quello sulla separazione delle funzioni e quello sull'elezione del Csm. Questo lascia in prima fila Matteo Salvini, che sembra poter contare sull'appoggio di Forza Italia e Italia viva. Il capo della Lega, nonostante la bocciatura del quesito sulla responsabilità civile, ieri sera parlava di vittoria, perché «dopo trent' anni gli italiani potranno votare dei referendum che faranno la prima, grande, pacifica riforma della giustizia». Dovrà stare attento, però, a non identificarsi con la battaglia per la giustizia giusta, che deve rimanere tale e non diventare un referendum sudi lui. Nel primo caso ci sono possibilità di spuntarla, perché la maggior parte degli italiani vuole cambiare il "Sistema"; nel secondo è concreto il pericolo che il referendum fallisca, tirando giù pure Salvini.

 

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