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Marco Travaglio smascherato da Filippo Facci: la verità "omessa" sui suoi idoli magistrati

Filippo Facci
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Cominciamo coi numeri, quelli delle dita di Marco Travaglio: perché l'altra sera, in uno dei suoi monologhi, ha detto che gli innocenti di Mani pulite si possono contare «sulle dita di una mano o forse due», il che solleva interrogativi su quante dita abbia Travaglio per ciascuna mano: pur già consapevoli che trattasi di personaggio da baraccone. La prendiamo alla larga: cominciamo col dire degli 88 parlamentari eletti nel 1992 - destinatari di richieste di autorizzazioni a procedere da parte di varie procure - i prosciolti o gli assolti furono 61. Cominciamo anche a notare che tra assoluzioni, proscioglimenti e prescrizioni, restando invece alla Milano cara a Travaglio, si arriva a circa il 46% delle posizioni considerate: su un piano razionale, prima che umano, sono tutte persone che a Palazzo di giustizia non avrebbero dovuto entrarci, e sono quasi la metà. Siamo già a un Travaglio con 450 mani, considerando che le posizioni rilevate dalle statistiche ufficiali contemplano 4.520 soggetti. Ma prima di spiegare quello che le statistiche riportate cèlano, anticipiamo che nel suo libro eternamente rispolverato in cui cambia solo il packaging (Mani Pulite, si chiama, e in origine fu agevolato da un dischetto di computer elargito da un pm) risultano 469 persone prosciolte dal tribunale, di cui le «prescritte» sono solo 243; poi ci sono quelle persone prosciolte direttamente dal gup, giudice dell'udienza preliminare: e sono altre 480, di cui solo 179 per prescrizione. Tutti affari d'oro per il guantaio di Marco Travaglio.

PRESCRIZIONE
Parentesi sulla prescrizione: non è che sia una maledizione scagliata dal cielo, è un'eventualità maturata quasi sempre dai pm durante le indagini preliminari: il 60% matura prima dell'udienza preliminare (ne sono responsabili i magistrati delle indagini) e un altro 15% matura prima della sentenza di primo grado (sempre determinata da magistrati). Tenendo conto di quella notoria panzana che chiamano indiscrezionalità dell'azione penale, i pm di Mani pulite in pratica hanno accelerato i dibattimenti che parevano loro e lasciato ad ammuffire quelli che interessavano meno. Parziale dimostrazione: nel triennio 1992-1993-1994, tralasciando quindi la maggioranza dei rapidissimi dibattimenti riguardanti Silvio Berlusconi, che furono successivi - alcuni imputati sono stati condannati nei tre gradi di giudizio in soli 2 o 3 anni (citiamo solo Sergio Cusani, Walter Armanini e Paolo Pillitteri) mentre uno come Bettino Craxi, nonostante processare un parlamentare comportasse rallentamenti procedurali, ottenne la prima condanna definitiva il 12 novembre 1996 (era già ad Hammamet) in poco più di 3 anni.

Quando fu condannato a 3 anni per il processo Enimont, il 1° ottobre 1999, il giudice, oltre a leggere il dispositivo della sentenza, lesse in aula anche le motivazioni evidentemente già preparate nonostante in genere vengano elaborate nei due o tre mesi successivi, e sviluppate per centinaia di pagine: la primizia assoluta (mai vista prima) evitò ogni rischio di prescrizione. Ultimo esempio: lo stesso Craxi, il 16 aprile 1996, venne condannato in primo grado a 8 anni e 3 mesi per le tangenti della Metropolitana Milanese, e il 5 giugno 1997 la corte d'Appello confermò, ma l'anno successivo, il 16 aprile 1998, la Cassazione annullò la condanna d'Appello: ma ecco che venti giorni dopo il presidente della Quarta sezione della corte d'appello di Milano (oggi defunto) con una procedura mai vista telefonò alla Cassazione per avere gli atti del processo e «assegnarselo» prima ancora che fossero scritte le motivazioni della sentenza, così da evitare rischi di prescrizione. La Cassazione trasmise gli atti in tre giorni e il 24 luglio 1998 Craxi venne di nuovo condannato in Appello, e in un baleno, il 20 aprile 1999, una diversa sezione della Cassazione confermò. Ministro Cartabia, impàri: nessuna Corte Europea si lamenterebbe dei nostri tempi della Giustizia, se fossero tutti così.

RITI ABBREVIATI
Ma veniamo al cuore del problema: l'alto numero di riti abbreviati e soprattutto di patteggiamenti tra i quali si nascosero colpevoli ma anche innocenti che vollero solo uscire di scena e di galera preventiva, pena la rovina economica e dell'azienda e della famiglia coi conti bloccati. Su 3.200 persone di cui la procura di Milano chiese il giudizio, 1300 sono risultati colpevoli, certo, ma il numero comprende 506 patteggiamenti e 103 riti abbreviati, cioè poco meno della metà. Il patteggiamento è un accordo tra accusa e difesa che implica un'ammissione di colpevolezza da parte dell'indagato, nonché un benestare del giudice: si patteggia solo la pena, reclusiva o pecuniaria o che sia. Prima che il fondamentale articolo 530 fosse tardivamente ripristinato (senza il quale i processi erano solo vidimazioni notarili delle indagini, come non accadeva in nessun Paese occidentale) nel periodo di Mani pulite per condannare chicchessia era sufficiente estrarre verbali d'interrogatorio ottenuti in galera (da gente disposta a tutto pur di uscirne) e riversarli in processi ridotti a certificazioni delle carte in mano all'accusa. La totale discrezionalità dei pm dipendeva perlopiù dalle trattative che l'indagato fosse disposto ad accettare pur di uscire dal procedimento o dalla galera preventiva: colpevole o innocente che si ritenesse. La teoria base del nuovo Codice doveva essere che le prove e le confessioni, per essere avvalorate, fossero riproposte nell'aula del processo, nel corso del quale una testimonianza diventare una prova: non nel parlatorio di un carcere o in una caserma di polizia. Esattamente come si vede nei film americani, dove ciò che non avviene nel processo semplicemente non esiste.

 

 

PRATICA ROVESCIATA
La pratica, in Mani pulite, fu rovesciata. Ai pm fu sufficiente estrarre dal faldone alcuni verbali d'interrogatorio: se l'accusatore non ne dava conferma, o più spesso non c'era proprio, bastava sventolare il verbale, e se l'accusatore cambiava versione (dicendo che aveva detto certe cose solo per essere scarcerato) veniva incriminato per calunnia. Un imputato, per capirci, poteva denunciare un altro cittadino, patteggiare una pena simbolica e quindi uscire dal processo senza presentarsi in aula e senza confrontarsi con la persona che aveva accusato: c'è gente, in Mani pulite, che ha subito condanne senza aver mai visto in faccia il proprio accusatore. Tutto questo ovviamente non avrebbe potuto accadere senza una contro-legislazione operata dall'alto: ma vi risparmiamo le sentenze della Cassazione in un periodo in cui tutta la magistratura remava nella stessa direzione. Traduzione: a pochi interessava fare l'eroe e attendere in carcere un processo da celebrarsi chissà quando: gli interessava uscire dalla galera preventiva il prima possibile e vedere normalizzata la vita sua e della sua famiglia, ergo poter uscire dal procedimento (uscire di scena) colpevole o innocente che si ritenesse.

 

 

Da qui, a primeggiare nelle statistiche dell'inchiesta, l'altissimo numero di patteggiamenti legati alla discrezionalità dei magistrati e alle concessioni che l'indagato fosse disposto ad accettare. I patteggiamenti o riti alternativi, in Mani pulite, sono stati circa i due terzi del totale. Il ricorso al patteggia mento, in altri termini, divenne una scorciatoia pagata a caro prezzo per chi voleva uscire dal tritacarne del rito ambrosiano: chi non accettava, restava ostaggio della macchina giudiziaria - se non parlava, e resisteva perché magari non aveva niente da dire - oppure la sua posizione veniva spedita per competenza ad altre procure, tutte dita che mancano dalle ormai mostrificate mani di Travaglio: è successo in ben 1320 casi, con percentuali di proscioglimento altissime. A memoria: Clelio Darida, Franco Nobili, Daniel Kraus, Generoso Buonanno, un sacco di gente che nelle statistiche di Mani pulite e mostruose (perché hanno le dita di Travaglio) non risultano: come se a Milano avessero teso a sbarazzarsi delle posizioni scomode e indisponibili alla confessione liberatoria. Sui patteggia menti, infine, un esempio simbolico: gli stilisti Mariuccia Mandelli (Krizia) e Gianfranco Ferrè e Santo Versace, più altri inquisiti con l'accusa di corruzione, furono assolti in Appello: ma altri stilisti come Giorgio Armani e Gimmo Etro, inquisiti nella stessa indagine e pur dicendosi innocenti, in precedenza avevano scelto di patteggiare e quindi di ammettere una colpa che pure reputavano di non avere, in cambio di una pena ridotta; ma è giusto pensare che, se non avessero scelto il patteggiamento, sarebbero risultati innocenti anche loro. Invece Armani ed Etro, secondo le cifre ufficiali di Mani Pulite, risultano nel novero dei colpevoli. Qualcosa, e moltissimo altro, non quadra. Ne riparliamo in una prossima puntata, di numero inferiore - rassicuriamo - alle dita di Travaglio.

 

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