Sigfrido Ranucci, fare domande non significa buttare fango. Perché nessuno gli chiede dei soldi della Rai?

martedì 15 febbraio 2022
Sigfrido Ranucci, fare domande non significa buttare fango. Perché nessuno gli chiede dei soldi della Rai?
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Io mica l’avevo capito che i giornalisti, prima di occuparsi di una notizia, «aspettano chiarimenti». Io avevo capito che, se c’è una notizia,i giornalisti li chiedono, i chiarimenti. Invece no: stanno in vigile attesa. Un caso è quello di cui si sta occupando, da qualche dì, questo giornale: vale a dire il caso di un video in cui un famoso giornalista della televisione pubblica istruisce qualcuno su come confezionare un servizio-patacca, da usare come pezza giustificativa per il pagamento di un dossier da mandare in onda, con autore sbianchettato, per rovinare la reputazione di un noto personaggio politico.

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E sapete che cosa succede, con una notizia così, in questo bel Paese? Non succede niente. E perché? Perché, come spiega Gaia Tortora, conduttrice di Telecinquestelle (la vecchia dicitura, La7, è fuorviante), «finché nulla è dimostrato sarebbe solo fango per tutti». Ineccepibile cautela garantista, immaginiamo. Ma acchiappare il telefono, chiamare Sigfrido Rannucci e domandargli se è vero che ha offerto i soldi della televisione pubblica simulando il pagamento di materiale taroccato e dissimulando quello che avrebbe remunerato il dossieraggio anonimo, che cos’è: buttare fango?

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Citiamo l’esempio della giornalista di FivestarsTv perché dimostra come a un identico atteggiamento diciamo così temporeggiatore ci si abbandoni anche al di fuori del carrozzone degli undicimila dipendenti marcati Rai. Sarà ovviamente una pura combinazione se il diffusissimo e impavidissimo giornalismo investigativo, quello tosto, quello che non fa sconti, questa volta si ferma davanti all’orrore del fango. Il guaio è che mentre ci si copre gli occhi quello si secca, e poi finisce sotto al tappeto.  

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