Beppe Grillo, il sospetto dietro il silenzio sul caso-Conte: una disastrosa questione di soldi
Il tribunale di Napoli ha scosso il già a pezzi Movimento 5 Stelle. I giudici hanno infatti stabilito che Giuseppe Conte non può essere il leader grillino, annullando le due delibere con cui si modificava lo statuto e si nominava l'ex premier alla guida dei Cinque Stelle. Il motivo? Il quorum della votazione non sarebbe stato raggiunto. Un colpo bassissimo al Movimento sferrato da più di un centinaio di attivisti pentastellati che hanno contestato la legittimità della leadership dell'avvocato. E così a Beppe Grillo è toccato scendere in campo. "Le sentenze si rispettano - ha esordito il garante -. Promuoverò un momento di confronto anche con Conte. Nel frattempo, invito tutti a rimanere in silenzio e a non assumere iniziative azzardate prima che ci sia condivisione sulla strada da seguire".
Grillo, stranamente, ha preferito andarci con i piedi di piombo. Una scelta per Il Foglio ben ponderata, visto che sul suo capo potrebbero pendere una serie di richieste di risarcimento da parte degli attivisti e di spese gestionali non da poco: dalla sede del Movimento (12mila euro al mese), all'affitto della piattaforma Skyvote (che ha sostituito Rousseau).
Insomma, il caos è totale. E a questo si va ad aggiungere Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri grillino, dopo essere stato protagonista di un acceso botta e risposta con Conte sul Quirinale, si è dimesso dalla presidenza del comitato di garanzia. Lo stesso che dopo pochi giorni è decaduto assieme al leader. Un caso? Non per tutti. Sono in molti a notare nel tempismo perfetto del grillino una sospetta coincidenza.