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Centrodestra caos, scatta il processo. Quale sarà il prossimo banco di prova: o la va o... si spacca
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Evidentemente sette anni non erano sufficienti per bonificare il verminaio correntizio e di malversazione che infesta l'amministrazione della giustizia, né per tagliare i tentacoli della piovra togata. Inutile precisare che stiamo scherzando, perché quel tempo è stato lasciato correre senza che dalle parti della magistratura suprema della Repubblica ci si sentisse obbligati a far qualcosa per rimediare alla scandalosa situazione di illegalità eversiva che la giustizia militante, contro le regole di quella costituzionale, ha imposto sulla scena del Paese. Ma facciamo pure finta- fingendo spudoratamente - che si trattasse di prendere le misure di quello scandalo e di studiare i modi per intervenirvi, e che sia soltanto mancato il tempo.
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Bene, il nuovo mandato presidenziale può essere l'occasione di un abbuono, ma va meritato. E meritarlo significa dar prova che la giustizia è un bene pubblico, non l'area usurpata da un funzionariato arrogante e sussiegoso che spaccia l'interesse proprio per quello generale. Meritarlo significa non accettare di presiedere una centrale di cospirazione dove la regola è la mancanza di qualsiasi regola, dove la forma del diritto è trasfigurata in velina, dove la sostanza del merito è l'appartenenza alla cosca vincente.
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Meritare un abbuono sui sette anni di inerzia significa infine decidere se il "servizio" cui il presidente della Repubblica non può sottrarsi è quello da assicurare ai cittadini o invece quello da garantire alle bande giudiziarie. E c'è un buon banco di prova, alle viste: i referendum sulla giustizia. Che possano tenersi, e che si tengano nel rispetto dell'ordine costituzionale, sta anche al titolare del nuovo settennato.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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