Marco Travaglio, la sparata sui boss scatena gli avvocati: "Non siamo mafiosi", rivolta in tribunale
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che prevede la censura della corrispondenza tra cliente detenuto in regime di 41 bis e avvocato. La questione di costituzionalità, peraltro, era stata sollevata dalla Corte di Cassazione. Il Giudice delle leggi ha osservato in sentenza come l'esercizio del diritto di difesa comprende il diritto di comunicare in modo riservato con i propri difensori. Tale diritto spetta a chi è recluso in carcere ed anche a chi è in regime di 41 bis. Direi tutto normale. L'anomalia era la limitazione precedentemente in essere, assolutamente non in linea con uno dei principi cardine dello stato di diritto. Inoltre, la Corte Costituzionale ha sostenuto che la tesi contraria rappresenterebbe "una generale ed insostenibile presunzione di collusione del difensore dell'imputato". Senonché, nel successivo dibattito è intervenuto Il Fatto Quotidiano che con un titolo ad effetto ha così dato la notizia della decisione: "La Consulta cancella la censura della corrispondenza tra i detenuti al 41 bis e gli avvocati. Geniale: così i boss potranno ordinare omicidi e stragi".
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Oltre a sposare la tesi secondo la quale chi è in regime di 41 bis non deve avere neppure il diritto di difendersi, il giornale di Travaglio, nella sostanza, qualifica tutti gli avvocati come mafiosi. I sostenitori della campagna giustizialista e manettara utilizzano adesso un nuovo argomento: quello di confondere l'avvocato con il cliente. Se l'avvocato difende un mafioso è un mafioso. Lo schema delegittimante, purtroppo, è quello tipico dei sistemi antidemocratici, dove la figura del difensore viene relegata ad inutile e fastidioso orpello.
La Giunta delle Camere Penali ha giustamente reagito, ma questa tendenza sta prendendo piede, non soltanto sulle pagine de Il Fatto e non sempre può arrivare la Corte Costituzionale a sistemare le cose. Il recente caso Pittelli è emblematico. Pittelli, avvocato ed ex parlamentare, è in carcere perché accusato di aver concorso, nel difendere dei clienti appartenenti alla ndrangheta, nei reati dei propri assistiti. La materia è delicata, ma il problema del perimetro del lavoro del difensore va affrontato e non lasciato al caso. La politica, come al solito, ha la tendenza a non occuparsi delle questioni, soprattutto quelle spinose. Il rapporto professionale avvocato-cliente dovrebbe essere rispettato e tutelato perché siamo in un paese democratico dove i diritti fondamentali han no ancora un senso. Nei mesi scorsi c'è stata una sacrosanta mobilitazione per chiedere all'Egitto il rispetto dei diritti umani nel caso Zaki : da noi è tutto a posto?