Carlo Nordio candidato al Quirinale? "No, chi vorrei presidente. Per i magistrati il peggio deve arrivare"
Carlo Nordio for president? «Questa mi riesce proprio nuova. Credo che la carica di capo dello Stato debba esser affidata a un politico, e la mia cultura politica è esclusivamente teorica, non ho mai fatto parte neanche di un Consiglio comunale. Comunque, se cercassero tra i giuristi, ce ne sono molti assai più preparati e autorevoli di me». La Lega traccia senza nominarlo il suo profilo, auspicando che «la riforma della giustizia diventi la priorità del Paese», la qual cosa è una stroncatura della candidatura dell'attuale Guardasigilli, Marta Cartabia, al Colle. La Meloni gli ha offerto il palco di Atreju per il suo j' accuse agli ex colleghi in toga. C'è anche una petizione lanciata da 1.200 donne che lo vorrebbero al Quirinale, e forse questa è la cosa che più lo stupisce, ma il procuratore Carlo Nordio stronca sul nascere, con un disincantato «non scherziamo», ogni minima allusione alla sua successione a Mattarella.
Eppure, procuratore, due più due fa quattro e al centrodestra non va come è stata risolta la questione giustizia, che è poi la più grande accusa che si fa alla presidenza Mattarella, quella di aver latitato nel ruolo di capo delle toghe...
«Ma io invece penso che Cartabia sia la miglior Guardasigilli dai tempi di Guido Gonella. Dopo la sua riforma nel concreto qualcosa è cambiato, e in meglio, nella disciplina del processo penale: sulla presunzione di innocenza, l'autorizzazione dei tabulati telefonici, la digitalizazione, i criteri di rinvio a giudizio e altro. Ma soprattutto, sono cambiati l'approccio culturale, ora più garantista, e l'atteggiamento verso la magistratura, meno riverenziale e subalterno».
Ma l'impressione è che neppure il fenomeno Draghi abbia potuto osare più di tanto sulla patata bollente tribunali...
«Non era compito suo. Draghi ha fatto quel che ha potuto per ottenere i primi finanziamenti europei, e c'è riuscito. Ma le riforme le fa il Parlamento, che ora è occupato in altre cose».
Siamo in una situazione di impasse: i tecnici non possono cambiare la giustizia, la politica non lo fa perché succube dei giudici. Come se ne esce?
«Se ne uscirà davvero con il prossimo Parlamento, ma soprattutto con il referendum di Radicali e Lega sulla giustizia, se avrà un esito chiaro, come espressione di una volontà radicalmente riformatrice del popolo. Anche se alcuni quesiti sono formulati in modo discutibile, ciò che conta è il messaggio ideale complessivo».
La stagione delle manette facili ai politici comunque sembra passata, o è solo un'impressione?
«È in stand by, perché la magistratura è in profondissima crisi. Ma servirebbe sin d'ora un provvedimento che devolvesse la competenza della custodia cautelare non a un solo giudice preliminare bensì a un organo collegiale, distante anche topograficamente dal pubblico ministero che la richiede. Tipo una "chambre d'accusation" presso la Corte d'Appello».
Ha molto colpito il suicidio del politico forzista Angelo Burzi. Come è possibile che una persona assolta in primo grado sia condannata in appello senza che siano emerse nuove prove?
«È possibile perché il nostro codice alla Perry Mason è stato straziato da una serie di compromessi e di miniriforme altalenanti. Esso prevede che si possa condannare solo al di là di ogni ragionevole dubbio. E allora, come si può condannare in appello se un giudice precedente ha dubitato al punto da assolvere? È quasi demenziale, per questo serve una riforma complessiva».
Nei tribunali è cambiato qualcosa dopo il caso Palamara?
«In concreto no, perché la maggioranza dei magistrati - e lo dice uno che con la categoria non è mai stato tenero - ha sempre fatto bene il proprio dovere, infischiandosene delle beghe del Consiglio Superiore della Magistratura. Ma è cambiata la fiducia dei cittadini nelle toghe. L'ultimo colpo alla credibilità dell'organo è stata la recente bocciatura da parte del Consiglio di Stato delle nomine apicali della Cassazione. E non so nemmeno se abbiamo toccato il fondo».
I giudici si sono auto-assolti radiando Palamara, ma ora che si apre il processo penale ai suoi danni, l'ex capo dell'Anm ha convocato 50 testimoni. Cosa può accadere se parlano?
«Il fondo sarà toccato quando Palamara farà sfilare al suo processo le decine di colleghi che hanno contrattato con lui le cariche, e che il Csm non ha voluto sentire mettendo il coperchio sulla pentola che bolliva. Come ha preannunciato lo stesso Palamara a una conferenza, potrebbe essere un bagno di sangue».
C'è qualcosa che l'ha colpita particolarmente nella vicenda Palamara, una lezione che possiamo trarre?
«Nessuna sorpresa, questo sistema lo avevo già descritto 25 anni fa nel mio primo libro sulla Giustizia, e l'ho ripetuto fino alla nausea in quelli successivi. Quanto all'insegnamento è semplice: l'unico rimedio è il sorteggio delle cariche nel Csm».
A me ha sconvolto l'intercettazione in cui i pm ammettevano che Salvini è innocente ma chiarivano che andava processato per sequestro di persona in merito ai migranti fermati in porto perché è un nemico politico...
«Imbarazzante è dire poco. Palamara ha spiegato benissimo nel suo libro che quella era una scelta politica. Quei processi contro Salvini non si sarebbero nemmeno dovuti iniziare, perché riguardavano atti discrezionali di un governo che se ne assumeva la responsabilità politica, come del resto ha riconosciuto il giudice di Catania. Giusta o sbagliata che fosse, non costituiva certo un reato».
Come mai Conte non è indagato, visto che da premier era informato e avrebbe potuto fermare il ministro, come ha fatto in altre occasioni?
«Questo sarà il punto cruciale, quando Conte sarà sentito come testimone. Se emergesse che sapeva quanto faceva il suo ministro dell'Interno, avrebbe dovuto impedirglielo, perché altrimenti sarebbe stato concorrente per omissione, secondo l'articolo 40 del codice penale. Sarà un pasticcio nel pasticcio, anche perché si dovrebbe chiedere un'autorizzazione contro Conte e il processo a Salvini andrebbe sospeso. Ma ripeto, nessuno di loro ha commesso un reato, e questa storia non sarebbe nemmeno dovuta iniziare».
Conte ha sottomesso se stesso ed M5S al Pd per risparmiarsi guai giudiziari?
«No, credo che Conte, nella vicenda Salvini, non abbia compreso i rischi che correva quando il Parlamento ha concesso l'autorizzazione a procedere. Per il resto non credo che sia intimorito dalla magistratura ma che, come molti politici, approfitti delle indagini sugli avversari per sfruttare il loro indebolimento».
Bell'avvocato, mi lasci dire. Ma la magistratura è di sinistra o lo sembra soltanto?
«Le stesse elezioni dell'Associazione Nazionale Magistrati parlano chiaro. La maggioranza non è affatto di sinistra, e anche quelli che lo sono agiscono in autonomia. Il pericolo non sta nelle idee politiche dei magistrati, ma nell'esasperato protagonismo e nell'arroganza di alcuni di loro».
Torniamo ai suoi rivali per il Colle. Berlusconi scalpita ma i suoi rivali sostengono che la candidatura sia inopportuna: ci sarebbero problemi costituzionali o giuridici alla nomina?
«Non c'è assolutamente nessun ostacolo giuridico all'eventuale elezione di Berlusconi».
Ma è un condannato cacciato dalla vita pubblica in base alla legge Severino e riabilitato solo successivamente dal Tribunale di Sorveglianza...
«La legge Severino è stata applicata nei suoi confronti in spregio al principio che nessuna norma afflittiva può avere effetto retroattivo, cioè colpire una persona per fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Mi lasci dire che è stata una brutta pagina per il Parlamento e la Giustizia».