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Sabino Cassese, tsunami di elettori positivi? "Quirinale, il successore di Mattarella si può votare a distanza"

Antonio Rapisarda
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Né la variante Omicron, che secondo la vulgata rischia di depennare almeno un centinaio di grandi elettori, né tantomeno la riforma costituzionale, che secondo un'altra lettura renderebbe trecento e passa degli attuali parlamentari di fatto "abusivi", possono compromettere forma e sostanza dell'elezione per il nuovo capo dello Stato. «Nessun problema. La costituzione prevede che il calcolo dei voti si faccia sugli aventi diritto, non sui presenti». Lo assicura in questa lunga intervista a Libero Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, che - con la sua solita schiettezza - non si è sottratto alle nostre domande sul futuro di Mario Draghi, sul presidenzialismo, sull'obbligo vaccinale così come su due nodi fondamentali, rispetto ai quali il celebre giurista non ha dubbi: l'iniquità del sistema sociale rispetto ai «non garantiti» e la «ferita aperta» della giustizia.

Professore, l'eventualità di rinviare il voto sul Colle, dovesse esplodere la curva dei contagi in Parlamento, è da escludere a priori?
«È certamente da escludere. Le votazioni si svolgono dal primo giorno in cui il Parlamento in seduta comune è convocato, anche se vi sono pause tra una votazione e l'altra; e possono solo concludersi con la scelta di un presidente della Repubblica».

Almeno il problema del voto in presenza, inclusi coloro che risultano positivi al tampone, si potrebbe risolvere con l'elezione a distanza. Meno "sacrale" come procedura ma in linea con il diritto dell'emergenza dell'era Covid?
«L'elezione del presidente della Repubblica è una mera votazione, non preceduta da una discussione. Quindi richiede soltanto l'espressione del voto. Se si fanno appositi collegamenti video tra le diverse sedi del Parlamento, i parlamentari possono svolgere la votazione in luoghi diversi e ciascuno dei membri del Parlamento in seduta comune ha la possibilità di controllare visivamente il regolare svolgimento della procedura di elezione».

Le pressioni internazionali - senza scomodare la tesi del "vincolo esterno" - sono orientate a chiedere un bis del duo Mattarella-Draghi. Di certo senza l'attuale premier, sostengono oltre confine, sarebbe a rischio il Pnrr. Non si può fare a meno di Draghi in nessun senso?
«Draghi ha ricoperto una carica, alla Banca centrale europea, che ritengo più importante di quella di presidente della Repubblica italiana. Io preferirei che il Parlamento italiano gli desse la fiducia per lasciarlo sette anni a Palazzo Chigi».

Davvero un bis di Mattarella, dopo quello di Napolitano, sarebbe un "tradimento" della Costituzione?
«La costituzione italiana non prevede un bis, ma non lo esclude. Certamente quello che non sarebbe corretto è un bis a termine».

Ad Atreju ha aperto alla proposta di riforma presidenzialista di Giorgia Meloni. L'idea che l'eventuale elezione di Draghi possa saltare i passaggi portare a una forma di semipresidenzialismo "di fatto" la stuzzica?
«Mario Bracci, grande giurista, ministro in un governo De Gasperi, poi giudice della Corte costituzionale, scrisse una volta a Gronchi che con l'attuale costituzione si poteva anche arrivare ad una Repubblica presidenziale. Il presidente della Repubblica ha poteri molto ampi. Potrebbe avere una grande influenza su tutti e tre i poteri dello Stato, quello legislativo, quello giudiziario e quello esecutivo. Proprio per questo la Dc non ha mai mandato al Quirinale i suoi leader più importanti, perché temeva che si creasse un continuum maggioranza popolare, maggioranza parlamentare, governo, presidente della Repubblica, con un grande accentramento dei poteri».

Lei è uno fra i pochissimi giuristi che - a nostro avviso meritoriamente - non ha reputato scandalosa l'idea che Silvio Berlusconi possa ambire al Quirinale.
«Tutti i cittadini che hanno raggiunto il cinquantesimo anno di età possono essere eletti presidenti della Repubblica, senza discriminazioni. Altra questione è quella di opportunità. Se si esamina la storia dei presidenti della Repubblica, si può dire che la classe politica italiana ha avuto una mano felice. Quindi, ho ragionevoli speranze che venga scelta la persona giusta».

Dovesse emergere la necessità di pescare fra le "riserve della Repubblica", sa bene che potrebbe essere uno dei nomi chiamati per il Colle. Come dice lei: visto che non ha certo sollecitato ciò, non potrebbe nemmeno rifiutare...
«Ma ho anche aggiunto che a chi me ne parlasse manderei il mio certificato di nascita e una copia della costituzione con l'articolo tre, sul principio di eguaglianza, indipendentemente dal sesso, sottolineato in rosso».

Beppe Grillo a proposito di obbligo vaccinale ha tuonato parlando di «scenario orwelliano». Meglio la Cina secondo lui. La sua opinione?
«L'articolo 32 della costituzione prevede espressamente la possibilità di introdurre trattamenti sanitari obbligatori, purché si faccia con legge, nel rispetto della persona umana. Non basta?».

La campagna vaccinale del governo, sotto il generale Figliuolo, prosegue senza particolari intoppi. Oltre l'emergenza ci sarà però da ricalibrare un sistema sanitario se è vero che la sfida pandemica è solo agli inizi...
«È un problema importante. La pandemia ha messo sotto stress il sistema sanitario e ci ha fatto capire dove stanno i suoi punti deboli: alla base della piramide e al vertice. Alla base, perché l'organizzazione territoriale della sanità non ha retto all'urto. Al vertice, perché si è dovuto far ricorso ad un valente generale per organizzare la campagna vaccinale».

Stesso discorso sulla scuola. A due e anni dall'inizio della pandemia l'infrastruttura scolastica non è riuscita ad adattarsi: aule piccole, nessun ricambio automatico di aerazione, trasporti pubblici non adeguati.
«Quelli che indica sono i problemi di breve periodo. Poi ci sono quelli più gravi: il basso tasso di scolarizzazione della società italiana; l'alto numero di analfabeti, analfabeti funzionali e analfabeti di ritorno; lo scarso dialogo tra mondo del lavoro e mondo della scuola per cui vi sono posti senza lavoratori e giovani senza posti. Ecco un altro problema che andrebbe discusso nell'opinione pubblica, invece di battibeccare su questioni tattiche».

La pandemia ha allargato la frattura fra pubblico impiego e lavoratori autonomi. La desertificazione tocca soprattutto questi ultimi: i rappresentanti dell'Italia in miniatura, quella che intraprende a partire dalla bottega. È a rischio un modello sociale?
«È emersa una frattura tra garantiti e non garantiti. Qualcosa che il mondo del lavoro pubblico non vuol capire e che dipende anche dalla base sociale dei sindacati italiani».

Nel suo ultimo pamphlet "Intellettuali" scrive che il populismo 2.0 ne rigetta totalmente il ruolo. Non solo i populisti però: lo spazio pubblico sembra ormai monopolio di ben altre categorie di esperti. Come può rientrare il pensatore nel "mercato delle idee"?
«Ragionando più sui fatti e meno sulle ideologie; esprimendo dubbi, invece che facendo asserzioni; parlando sottovoce, invece di urlare: forse in questo modo si può essere ascoltati».

Nel suo discorso di fine settennato, Sergio Mattarella - da presidente del Csm - non ha citato né ringraziato la magistratura italiana. Dopo il caso Palamara, la ferita non si è per nulla rimarginata?
«La ferita è ancora aperta e sanguina. Il sistema della giustizia italiana richiede un riordino profondo. I fattori di crisi sono oramai stati messi sufficientemente a fuoco. Le soluzioni sono chiare. Mancano soltanto le decisioni». 

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