Mani Pulite nel fango: la verità sulle toghe, 30 anni dopo Tangentopoli
Non era necessario leggere le sentenze di Mani Pulite, né gli ordini di arresto che le precedevano, per accorgersi che qualcosa non filava per il verso giusto sul corso di quella presunta giustizia: bastava assistere a come essa era reclamata dal popolo degli onesti, adunato sotto ai balconi delle procure della Repubblica per istigare i giustizieri a non retrocedere, a portare a compimento il repulisti nei palazzi della politica marcia. Non era necessario andar di codice, essere giuristi, per capire che il carcere adibito a confessionale e le inchieste a strumento di moralizzazione della società corrotta denunciavano un vizio radicale di quelle iniziative e del movimento che le accreditava: era sufficiente avere occhi per vedere come la classe dirigente e politica su cui piovevano le monetine dello sdegno fosse la medesima cui prima si chiedevano i favori, le raccomandazioni, le leggi buone a fare i debiti di cui s' è ammalato il Paese. Non era necessario aver studiato nulla per prevedere come sarebbero finiti gli esponenti di quella rivoluzione che avrebbe rivoltato l'Italia come un calzino: uno a capeggiare un partito dei "valori" e a godersi il frutto milionario delle querelea nastro contro chi spulciava nelle sue scatole delle scarpe; un altro al seggio parlamentare, guadagnato per le nobili dichiarazioni a fronte dell'ennesimo suicida: «Si vede che c'è ancora qualcuno che perla vergogna si uccide»; un altro a tener requisitorie televisive, troneggiante sul giornalista in posizione Clean Hands Matter, inginocchiato, a ciucciarsi e a diffondere la verità dell'assoluzione come regalo al delinquente che la fa franca; un altro a coltivare il ricordo del padrino, il magistrato equestre che in una vergognosa rappresentazione pubblica («siete i miei pulcini, i miei aquilotti, i miei cuccioli») assisterà all'avvicendamento di potere nella Procura la cui storia cominciò nel ripescaggio di sette milioni di lire dal cesso di un cronicario e finì nelle veline cospiratorie scambiate sulla tromba delle scale del Consiglio superiore della magistratura. E via così. Tra poco sono trent' anni. Ed è una giustizia malvissuta quella che pretendeva di rimettere in riga l'Italia mascalzona.