Carola Rackete e magistrati, riempirci di immigrati è "un dovere": con loro torna il tempo dei pirati
La dottrina di Magistratura Democratica è diventata regola: portare in Italia i migranti dalla Libia è diventato "un dovere". leri il Gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha definitivamente archiviato le indagini su Carola Rackete per il caso della Sea Watch. Per chi avesse rimosso il ricordo, parliamo della capitana tedesca che nel giugno del 2019, sfidando le indicazioni delle autorità italiane, aveva scelto di entrare nel porto di Lampedusa colpendo una nave della Guardia Costiera. Per questo speronamento, l'attivista tedesca era già stata scagionata qualche mese fa, ma restava da affrontare l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. A bordo infatti si trovava di tutto: oltre a due politici del Pd - Matteo Orfini e Graziano Delrio - anche 50 profughi di ignota estrazione e tre torturatori libici in seguito condannati per le loro tremende imprese. Con il passaggio di ieri, la capitana tedesca ha comunque chiuso tutti i conti con la giustizia italiana. Ed è interessante leggere le motivazioni.
LE CARTE
«La condotta di Rackete- si legge nel provvedimento del Gip - risulta scriminata dalla causa di giustificazione».In altri termini, aveva ragione la 33enne di Preetz, perché ha agito «nell'adempimento del dovere di salvataggio». Le autorità italiane lasciando la nave al largo stavano mettendo a rischio la vita dei profughi (ovviamente l'allora ministro Matteo Salvini sostiene l'esatto opposto. Nessuno era in pericolo). E chiaramente si dà per scontato che la Sea Watch non avesse alternativa all'ingresso nelle acque italiane. Insomma il giudice ha sposato al 100% le tesi storiche delle Ong («Non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli») oltre che delle correnti più a sinistra della Magistratura e ha citato un rapporto dell'Alto commissario per le Nazioni unite che ha sottolineato «che migliaia di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture». Infine ha direttamente citato e criticato i decreti di Matteo Salvini, spiegando la decisione di ignorarli completamente. Quelle leggi, infatti, davano la possibilità al governo di vietare lo sbarco di migranti per questioni di sicurezza. Ma secondo la sentenza, la Sea Watch era manifestamente inoffensiva.
SINISTRA IN FESTA
Da qui i problemi: le Ong festeggiano e annunciano che questa sentenza «sconfessa in tutto e per tutto l'applicabilità del Decreto Sicurezza Bis nel salvataggio dei naufraghi». Bisogna tener presente che anche l'attuale esecutivo ha parzialmente continuato a seguire l'esempio di Salvini: il Viminale spesso disincentiva gli sbarchi lasciando le navi al largo alcuni giorni prima di dare l'autorizzazione. I casi di questo genere sono decine. Da oggi, stando a quanto scrive il Gip, tutte queste imbarcazioni sarebbero autorizzate a ignorare gli ordini del ministro Lamorgese. Non solo. Sempre stando a quanto si legge negli atti, chiunque faccia salire a bordo dei migranti nel Mediterraneo centrale non avrebbe scelta: la legge gli imporrebbe di portare tutti in Italia. Gli altri Paesi - inclusi Malta e Tunisia, si deduce - sarebbero da considerare luoghi insicuri. Questioni di cui la nostra politica dibatte da anni.
GLI ULTIMI GIORNI
D'altra parte che l'intento della Rackete non fosse solo salvare migranti ma lanciare un messaggio politico è un sospetto più che fondato. Bisogna tener presente che quando Carola ha deciso di lanciarsi contro le navi italiane la trattativa con la Guardia Costiera, che si protraeva da diversi giorni, si era ormai sbloccata. Si trattava di attendere ancora alcune ore per riuscire a orgmeggiare. L'obiettivo era "riaprire i porti" allora chiusi dalle politiche leghiste. In tutto ciò a Salvini tocca prendere atto: «Quindi, se capisco bene la sentenza, speronare una motovedetta militare italiana con uomini a bordo non è reato. Torniamo ai tempi dei pirati... ».