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Mimmo Lucano, le motivazioni della sentenza: "Così ha sfruttato i migranti per arricchirsi"

Mimmo Lucano

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Di seguito, pubblichiamo uno stralcio significativo delle motivazioni della sentenza del tribunale di Locri firmata dal giudice estensore Fulvio Accurso. Lo scorso 30 settembre Domenico “Mimmo Lucano”, ex sindaco di Riace (Reggio Calabria), è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione in quanto accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, associazione a delinquere, truffa, concussione, falsità ideologica.

 

L’ESISTENZA DELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E LA POSIZIONE DI LUCANO DOMENICO

■ Fatte le premesse che precedono, non rimane che tirare le fila di quanto fin qui esposto, evidenziando i profili che consentono a questo Collegio di ritenere pienamente configurabile l’associazione di cui si discute e che sono costituiti: - dal preminente interesse di Domenico Lucano che, da dominus indiscusso del sodalizio, ha strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica, nominando i rappresentanti legali delle varie associazioni, tramite affidamenti diretti, nella consapevolezza che questi, pur privi di ogni competenza tecnica nel campo dell’assistenza e dell’integrazione dei migranti, erano tuttavia dotati di fedeltà assoluta ai suoi voleri ambiziosi, che assecondavano fornendogli soprattutto sostegno elettorale; - dall’idem sentire di tutti i componenti dell’organizzazione in commento, che hanno agito accettando di sostenere politicamente Lucano, ricevendo da esso, in cambio, piena libertà di movimento nella loro azione illecita di accaparramento delle risorse pubbliche. Ciò risulta testimoniato da una regia comune che ha animato il loro agire, a cui si accennava in precedenza, che è del tutto consonante con le attività illegali realizzate da Città Futura (associazione attiva a Riace, ndr).

 

MODO DI OPERARE - Prova evidente di questo modo uniforme di operare perla realizzazione delle finalità suddette -e perle quali venivano poste in essere una serie considerevole di reati - è costituita: - dal sinergico trattenimento dei lungo permanenti, in spregio alla normativa all’epoca vigente che poneva tempi limitati di accoglienza; - dal numero risicato di dipendenti che ciascuna associazione ha assunto, in modo da ridurre i costi, con il fine evidente di poter introitare maggiori profitti; - dal fatto che per tutte le associazioni non sono mai residuate “economie” relative al sistema Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, servizio del ministero dell’Interno che in Italia gestisce i progetti di accoglienza dei richiedenti asilo a livello locale, ndr), da scomputare per l’anno successivo; - dalla circostanza che nessuno degli enti attuatori ha mai custodito fatture emesse nell’ambito del sistema Cas (Centri di Accoglienza Straodinaria, ndr),in quanto tutte sono state riversate nello Sprar - seguendo le indicazioni uniformi date per ciascuno di loro da Lucano - per gonfiare artatamente i costi sostenuti e per trattenere cosi gli importi non spesi; - dal fatto che tutti gli enti hanno effettuato prelievi considerevoli in contanti non giustificati e hanno annualmente versato una quota per il sovvenzionamento delle manifestazioni estive, a cui Lucano teneva moltissimo, perché costituiva la forma più eclatante di risalto della sua immagine pubblica.

 

 

RUOLO CENTRALE  - Si è trattato, più precisamente,di un’organizzazione tutt’altro che rudimentale, che rispettava regole ben precise a cui tutti puntualmente si assoggettavano, permeata dal ruolo centrale, trainante e carismatico di Lucano Domenico, che ne era al vertice, il quale consentiva ai partecipi da lui prescelti di entrare nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni, di cui si è prima detto, e che ciascuno di essi eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale (che veniva assicurato anche ad opera dalle rispettive famiglie, che sarebbero state portatrici nei suoi confronti di un certo pacchetto di voti che egli avrebbe potuto spendere per sé o per i soggetti da lui sostenuti) e in cambio, altresì, di contribuzioni annuali peril Riacefilmfestival e perle ulteriori manifestazioni collaterali, a cui prima si accennava - che venivano da ciascuno di loro effettuate attingendo a fondi pubblici, attraverso una sorta di contrazione dei rispettivi profitti conseguiti illecitamente - e di cui lui si serviva per la promozione di attività culturali, specie nel periodo estivo, così alimentando la sua visibilità politica ed il suo potere. In altre parole Lucano Domenico, dopo aver realizzato l’encomiabile progetto inclusivo dei migranti, che si traduceva nel cosiddetto Modello Riace, invidiato e preso ad esempio da tutto il mondo, essendosi reso conto che gli importi che venivano elargiti dallo Stato per governare quel fenomeno erano più che sufficienti allo scopo, piuttosto che restituire ciò che veniva versato, aveva ben pensato di reinvestire in forma privata la gran parte di quelle risorse, con creazione di progetti di rivalutazione del territorio, che, oltre a costituire un trampolino di lancio per la sua visibilità politica, si sono tradotti nella realizzazione di plurimi investimenti (tra cui l’acquisto di un frantoio e di numerosi beni immobili da destinare ad alberghi per l’accoglienza turistica) che costituivano, ad un tempo, una forma sicura di suo arricchimento personale, su cui egli sapeva di poter contare a fine carriera, per garantirsi una tranquillità economica che riteneva gli spettasse, sentendosi ormai stanco per quanto già realizzato in quello specifico settore, per come dallo stesso rivelato nel corso delle ambientali che sono state esaminate.

E fece ciò non da solo, ma realizzando un sistema clientelare che gli ruotava attorno, costituito dai rappresentanti legali delle varie associazioni di cui si è sopra detto, grazie alla cui cooperazione egli riusciva a gestire sul territorio un cospicuo numero di migranti (da cui ricavata profitti sempre più elevati) e che lo sostenevano politicamente, con fedeltà assoluta, ben sapendo che quell’appoggio che essi gli fornivano - di cui egli aveva spasmodica necessitàe che, peraltro, costituiva l’unico criterio tramite il quale essi erano stati prescelti per fornire cooperazione a quei progetti, pur essendo privi di esperienza nel settore- era ampiamente ricambiato da forti ritorni di natura economica, tradottisi nelle elevate sottrazioni di denaro pubblico

 

 

SOSTENITORI - Risulta, quindi, del tutto evidente che tra l’ex sindaco di Riace, i suoi più fidati sostenitori (come la Ierino) e i legali rappresentanti della varie associazioni non vi fu un accordo episodico per la commissione concorsuale di una serie di reati, ma la costituzione di un vero e proprio organismo associativo, elevato a Sistema, che ruotava attorno all’illegale approvvigionamento di risorse pubbliche, e che si basava su una piattaforma organizzativa collaudata e stabile, che si avvaleva dell’esperienza e della forza politica che Lucano possedeva e che questi esercitava informa padronale ed esclusiva, tanto da indurre tutti al silenzio, per come testimoniato da una delle espressioni più emblematiche emerse in questo processo, e che lui ebbe a pronunciare nella sicurezza del potere dallo stesso esercitato sul territorio, quando ebbe a dire con mal celata supponenza «Riace non parla, perché tanto sono tutti impiegati e li stiamo facendo (lavorare, ndr)». Tra l’altro che Lucano attuasse senza piu limiti la politica predatoria delle risorse pubbliche, per come sopra si è abbondantemente detto, e che ciò fosse cosa del tutto nota tra coloro che facevano parte del suo “cerchio magico”, si desume plasticamente dall’importante ambientale di cui al progr 53, captata in data 18/08/17, e intercorsa tra Ammedolia Giuseppe (detto Luca), Romeo Salvatore, Caristo Antonio e Lancia Andrea. I quattro si trovavano presso lo studio del suddetto consulente del lavoro e mentre parlavano della gestione dei migranti in Riace, Salvatore Romeo, prendendo in un certo qual modo le distanze da Lucano (verso il quale in quel periodonutriva un certo risentimento per ragioni politiche) ad un certo punto affermava «hanno fatto imbrogli, Jerri, si sono fottuti i soldi questi qua». Aggiungeva poi che il Comune gli aveva revocato tutte le cose che gli spettavano («Il Comune mi ha revocato tutte le cose», al che veniva incalzato dall’Ammendolia, che lo invitata a non rammaricarsi troppo,in quanto gli faceva presente che con la gestione dissennata dei migranti che Lucano e gli altri avevano attuato fino a quel momento, rischiavano di non percepire nulla né dallo Sprar, né dalCas («ma guarda, sono sicuro che non gli pagano un cazzo»).

 

RENDICONTAZIONI - Il Romeo, quindi, commentava la condotta del sindaco di Riace, affermando che questi teneva in Comune una condotta irrazionale («Ma Mimì che sta facendo a Riace? Litiga con Maurizio e si compra la figlia del vigile, che è in minoranza») e poco più oltre evidenziava che tutti coloro che erano rappresentanti legali delle varie associazioni erano privi di competenza («Tutti quelli che hanno l’associazione non capiscono niente, erano tutti legati con Mimì»), ricevendo la condivisione di questo suo giudizio da parte dell’Ammendolia, che replicava dicendo «questo lo so». I quattro discutevano, ancora, dei ritardi con cui venivano presentate le rendicontazione dei progetti Sprar e Cas, che generavano così elevati problemi di liquidità («E che li vuoi quei cazzi di operatori in quel modo. Hanno portato una rendicontazione... È un anno che hanno le strutture, neanche a rendicontare... Non hanno rendicontato niente»). Evidenziavano, inoltre, che quella gestione attuata dal sindaco Lucano creava forti malcontenti, perché vi erano molti operatori a Riace Marina che non ricevevano stipendi da più di un anno. A tal riguardo, il Romeo affermava: «le altre associazioni erano indebitate peggio della mia. Peggio peggio di quella... avanzano dodici-tredici stipendi a Riace Marina». 

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