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Viminale, un terremoto per la Lamorgese: la moglie del capo dell'immigrazione indagata per capolarato

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Bomba sul Viminale. La moglie del capo del Dipartimento per le libertà civili e immigrazione del ministero dell'Interno, Michele di Bari, è tra le 16 persone indagate in un'inchiesta per caporalato dei Carabinieri e della procura di Foggia che ha portato all'arresto di cinque persone. In carcere sono finiti due cittadini stranieri, un senegalese e un gambiano, mentre nei confronti degli altri tre arrestati da parte dei carabinieri sono stati disposti i domiciliari.

Per gli altri 11 indagati, tra i quali appunto la moglie del prefetto Di Bari, è scattato l'obbligo di firma. L'indagine, che ha interessato attività comprese tra luglio e ottobre 2020, ha portato anche ad una verifica giudiziaria su oltre dieci aziende agricole riconducibili ad alcuni degli indagati  Il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del ministero dell'Interno "ha rassegnato le proprie dimissioni". Che sono state subito accettate dal ministro Luciana Lamorgese.

Le reazioni - "Non basta che il capo del dipartimento si dimetta dal proprio incarico. Dopo anni di continue criticità, serve una vera svolta per mettere la parola fine alla scandalosa gestione dei dossier in capo al ministero dell'Interno che ha in Lamorgese la principale responsabile", tuona  il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida. "Dall'immigrazione alla sicurezza, gli errori e la superficialità del ministro evidentemente riguardano anche gli uomini da lei confermati in ruoli chiave per la gestione del dicastero. Lamorgese si dimetta o sia il presidente del Consiglio Draghi a rimuoverla quanto prima". "Sbarchi clandestini raddoppiati, 100.000 arrivi negli ultimi due anni, un'Europa su questo tema assente e lontana", segnalano fonti della Lega che aggiungono: "E oggi le dimissioni del capo dipartimento dell'Immigrazione. Disastro al Viminale, il ministro riferisca immediatamente in Parlamento". 

L'inchiesta - Al vaglio degli inquirenti le condizioni di sfruttamento cui erano sottoposti numerosi braccianti extracomunitari provenienti dall’Africa, impiegati a lavorare nelle campagne della Capitanata, tutti “residenti” nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone, ove insiste un accampamento che ospita circa 2000 persone, che vivono in precarie condizioni igienico-sanitarie e in forte stato di bisogno. La complessa e articolata attività d’indagine ha preso le mosse dalla diffusa situazione di illegalità radicata nelle campagne del foggiano, non indifferente ai Carabinieri che quotidianamente svolgono servizi di controllo del territorio in quell’area. 

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