Patrick Zaki è libero, le prime parole: "Forza Bologna". Il retroscena: manina-Usa dietro al rilascio
Dopo ventidue mesi trascorsi in carcere in Egitto, Patrick Zaki è stato scarcerato. Ad accoglierlo le donne della sua vita: la madre, la fidanzata e la sorella, che lo hanno aspettato sotto la pioggia. Stando a quanto ripotato dal Corriere della Sera, le prime parole dello studente dell’Università di Bologna sono state in italiano: “Sto bene, sto bene”. Ovviamente è apparso piuttosto provato, ma in buone condizioni di salute.
Ha anche dichiarato un “forza Bologna” dopo essere stato scarcerato da un commissariato di Mansoura. Tra l’altro pare che dietro la sua liberazione (anche se non sono ancora cadute le accuse nei suoi confronti) ci sia una sorta di aiuto “segreto” da parte degli Stati Uniti. Secondo il retroscena svelato da Repubblica, si tratterebbe di una mossa di diplomazia “ufficiale” che il ministro Luigi Di Maio aveva autorizzato mesi fa e che è riconducibile a Giampaolo Cantini, ambasciatore al Cairo che è rientrato in Italia da qualche settimana.
Negli anni trascorsi in Egitto, Cantini aveva stretto un ottimo rapporto con Joanthan Cohen, inviato americano nominato da Trump ma allineato alla nuova amministrazione. Siccome Biden aveva presentato all’Egitto una lista di 16 casi di dissidenti imprigionati di cui si chiedeva la liberazione, Cantini aveva invitato gli americani a inserire anche Zaki in quella lista. E così è stato fatto dall’ambasciatore Cohen, con il Dipartimento di Stato che aveva poi approvato il nome di Patrick, grazie anche al buon rapporto instaurato da Di Maio con il segretario Blinken.