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Giancarlo Pittelli, l'ex senatore di Forza Italia scarcerato? Ma il giudice lo lascia in cella: se questa è giustizia

Gianluca Veneziani
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Ci sarebbe molto da discutere sul senso logico e giuridico del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma c'è ancor più da interrogarsi sul non-senso pratico della disorganizzazione della macchina della giustizia italiana, tale che un uomo, appena scarcerato, deve rimanere dietro le sbarre perché lo Stato non ha lo "strumento" necessario a farlo uscire. La vicenda, che non è retorico definire kafkiana, è quella dell'ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, un mesetto fa arrestato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, su richiesta della procura di Reggio Calabria, nell'ambito dell'inchiesta "Mala pigna" relativa a un traffico di rifiuti gestito da una cosca 'ndranghetista. Ebbene, tre giorni fa, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha revocato la misura cautelare più stringente, disponendo per l'ex senatore forzista gli arresti domiciliari.

 

 

Tutto è andato secondo norma? Macché, dal carcere di Reggio Calabria Pittelli non è ancora uscito perché, incredibile a dirsi, manca il braccialetto elettronico che gli consentirebbe di tornare a casa. Braccialetto che - e questo è il paradosso nel paradosso - lui aveva però prima di finire in carcere, in quanto si trovava già ai domiciliari, essendo costretto a quella misura cautelare per via di un'altra inchiesta, la "Rinascita Scott" portata avanti dalla procura di Catanzaro. In sostanza, hanno tolto il braccialetto a Pittelli per farlo andare in carcere ma, una volta scarcerato, non potevano più farlo uscire perché mancava il braccialetto. Parlare di totale impreparazione della giustizia e di funzionamento ridicolo della burocrazia è poco. Il caso sarebbe grottesco se non toccasse nel vivo la dignità di un uomo ultrasettantenne malato, profondamente segnato a livello fisico e psicologico. Un uomo che, a seguito della prima inchiesta, aveva già fatto quasi un anno di carcere duro in Sardegna ed era stato poi messo ai domiciliari proprio per ragioni di salute.

MISURA INGIUSTA
Ciò tuttavia non ha impedito ai pm di Reggio Calabria di chiedere e ottenere per lui nuovamente il carcere, misura poi ritenuta ingiusta dallo stesso Tribunale del Riesame che ne ha disposto la scarcerazione. Ma, quasi non bastasse questo sistema di entra ed esci dalla prigione, il destino dell'uomo Pittelli viene fatto dipendere dal possesso o meno di un braccialetto, che lo Stato dovrebbe dargli ma non ha. Come trattare un essere umano alla stregua di una scartoffia da inserire in un cassetto piuttosto che in un altro e, se non c'è modo di metterla in quell'altro cassetto, be', che rimanga nel cassetto dove già è...

 

 

Questa vicenda condensa almeno un paio di mali cronici della nostra giustizia. Il primo è la logica fondata su un «sistema carcerocentrico», come lo definisce la Camera Penale di Catanzaro, tipica di uno Stato «che non riesce a concepire un minimo sentimento di umanità» e intende «la libertà come "pratica" amministrativa da sbrigare, scaricando sull'uomo detenuto le sue lentezze e disfunzioni». Uno Stato che trattiene in carcere un uomo che dovrebbe starne fuori viola, oltre ai diritti della sua persona, anche i principi giuridici sui quali esso stesso dovrebbe fondarsi. A ciò si aggiunge la sconcertante inefficienza burocratica che impedisce alla giustizia di procurarsi un numero sufficiente di braccialetti elettronici, tali da permettere a chi ha ottenuto i domiciliari di non marcire in carcere. Si tratta di una carenza cronica, se è vero che già due anni fa si lamentava in Italia l'assenza di 12mila dispositivi e ora, nonostante i nuovi 4.700 braccialetti adottati lo scorso anno, siamo ancora allo stesso punto.

 

 

Come fa notare l'ex deputato Amedeo Laboccetta, «l'annosa questione dei braccialetti elettronici, che rappresenta un vero e proprio affare per chi la gestisce e la controlla, il ministero dell'Interno, va risolta una volta e per sempre». Sarebbe il caso che questa mancanza di dispositivi e la vicenda Pittelli attirino al più presto le attenzioni di un Parlamento finora distratto, per evitare che i cittadini si trovino inermi di fronte a uno Stato bravo a mettere manette, molto meno a trovare braccialetti.

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