Giustizia, la presunzione di innocenza è un diritto della personalità e va salvaguardata
Pochi giorni fa il governo con proprio decreto ha recepito la direttiva 2016/343 sulla presunzione d'innocenza, che, a tutela degli individui, tenta di porre fine alla spettacolarizzazione dell'azione penale della pubblica accusa, che invece ora lamenta una compressione del diritto di cronaca secondo cui la collettività avrebbe, al contrario, il diritto di conoscere i fatti. Ciò che è sfuggito al dibattito attuale, animato per lo più dai penalisti e in parte dai costituzionalisti, è che la presunzione di innocenza può essere smarcata dal terreno squisitamente processuale quale principio cardine che regge il funzionamento del processo giudiziario per essere annoverata, per effetto della forza espansiva dell'art. 2 della Costituzione, nell'ambito civilistico proprio della categoria dei diritti della personalità dell'individuo.
Naturalmente, da tale diversa prospettiva, questo peculiare diritto della personalità va coniugato con la rappresentazione al pubblico della vicenda processuale, cioè con la modalità di comunicazione della situazione giudiziaria in cui l'individuo versa, che de ve essere tale da non ledere la sua salute, intesa nella sua ampia dimensione. Così, il principio della presunzione di innocenza acquista una valenza non più solamente strettamente processuale, vale a dire come principio del processo che impone l'accertamento della responsabilità da parte dell'autorità giudiziaria attraverso il sistema delle prove, ma quale fondamentale diritto della persona coinvolta in un processo a vedersi rappresentata non ancora colpevole, nelle svariate comunicazioni che si danno al pubblico di tali vicende. Perciò, una comunicazione al pubblico che non rispetti il principio della presunzione di innocenza lede il diritto della persona umana ed il suo naturale e pieno sviluppo, e dunque tutti quei beni costituzionalmente protetti di derivazione degli artt. 2, 3 e 32 della Carta.
È quindi un diritto che non si indirizza più solo al sistema processuale, ma si rivolge principalmente ai media che, nella presentazione al pubblico della vicenda processuale, devono salvaguardare il patrimonio personale, cioè quel complesso di valori anche sociali che possiede l'individuo coinvolto nel processo, quali onore, reputazione, immagine, identità personale, che lo qualificano all'interno della collettività. E all'obiezione che viene mossa dai fautori della libertà di espressione secondo cui accordando una siffatta tutela all'individuo coinvolto in indagini verrebbe messo il bavaglio al diritto di cronaca che riflette un interesse generale o collettivo, a discapito della protezione di un singolo per lo più gravemente indiziato, può replicarsi che la libertà di espressione non deve essere concepita come una figura mitologica che attira l'idolatria delle masse, ma un diritto che, come altri, ha dei limiti, in questo caso rappresentati dalla dignità della persona e dalla sua tutela.
Del resto, volgendo lo sguardo verso altri ordinamenti, la giurisprudenza tedesca, seguendo questa linea interpretativa, ha ampliato la categoria dei diritti della personalità, includendo al suo interno anche la presunzione di innocenza ed affermandone la sua tutela e risarcibilità quale lesione di uno dei beni (vita, corpo, salute, libertà, proprietà o altro diritto assoluto della persona) contemplati dal par. 823 del codice civile tedesco. Anche in Francia, a conferma di ciò, il rispetto della presunzione di innocenza è collocato all'interno del code civil, (art. 9-1) nel titolo dedicato ai diritti della persona, immediatamente dopo il diritto alla riservatezza. E proprio la scelta del legislatore francese di affidare non al giudice penale ma a quello civile il compito di garantire il rispetto del principio di presunzione di innocenza ne conferma anche la sua natura civilistica, cioè l'altra faccia della medaglia, ovvero quel riflesso pubblico che ha la persona con la sua rappresentazione mediatica, che va oltre il confine del suo significato prettamente processuale. Su questo dovrebbero riflettere quanti hanno levato le critiche sul presunto bavaglio alla magistratura. Ordinario di Diritto Comparato Università di Bergamo.
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di Pieremilio Sammarco