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Alessandro Sallusti e Luca Palamara, il ricatto da 1 milione di euro della magistratura italiana: roba da terzo mondo

Francesco Specchia
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E' stata una scazzottata rumorosa che ha scosso il torpore del Parlamento di Strasburgo. L'Europa prende a sberle lo Stato italiano che, a sua volta, attraverso la sua Avvocatura, aveva cercato di prendere a sberle Luca Palamara e Alessandro Sallusti rei di aver scritto un libro best seller, Il Sistema -300mila copie - che aveva scoperchiato il calderone bollente delle correnti e dei vischiosi giochi di potere della magistratura italiana. Ancorato per mesi in vetta alle classifiche e argomento diuturno dei salotti tv, il Sistema, il 20 luglio scorso, aveva fatto intervenire l'Avvocatura per difendere l'onorabilità d'un pezzo dello Stato medesimo - la magistratura - attraverso una richiesta per "danno d'immagine" a i suoi autori di un milione di euro. Un milione.

 

 

 

Un milione per un testo mai smentito (in 15 edizioni una querela di Paolo Ielo, poi ritirata). E - elemento narrativamente meraviglioso - il danno d'immagine per le toghe sarebbe stato aggravato dal fatto che la presentazione dell'opera si stava svolgendo "in note località estive" e particolarmente affollate. Pure il Covid era colpa del Sistema. A Palamara e Sallusti venne, comprensibilmente, un coccolone. Il direttore di Libero, sorpreso dell'indifferenza del presidente del Consiglio Draghi scrisse: "Gli avvocati dello Stato stanno mettendo in discussione in un colpo solo la libertà di espressione, quella di informazione e quella di stampa". Che Sandro non fosse nel torto lo dimostra oggi l'approvazione di una proposta di risoluzione del Parlamento Europeo sul tema con un titolo alla Wertmuller: Rafforzare la democrazia e la libertà e il pluralismo dei media nell'UE: il ricorso indebito ad azioni nel quadro del diritto civile e penale per mettere a tacere i giornalisti, le ONG e la società civile.

La proposta è stata approvata a maggioranza da tutti i gruppi parlamentari (escluse Polonia e Ungheria, problematiche in quanto a diritti civili); e, soprattutto da tutti gli eurodeputati italiani, unici astenuti - chissà perché - Lega e Fratelli d'Italia. Si tratta del testo anticipatore di una direttiva europea che vieterà agli Stati di intervenire sulla libertà dei giornalisti attraverso i processi Slaap; e che, secondo di Ursula Van der Leyen presidente della Commissione -che ha potere d'iniziativa legislativa- entrerà in vigore i primi mesi 2022, dopo essere stata reinviata al Parlamento Europeo per approvazione. Van der Leyen parla di "informazione come bene pubblico da proteggere" dall'abuso del contenzioso. Il "processo Slaap" è un vizietto dei governi più autoritari. In inglese suona come "prendere a ceffoni"; ma è l'acronimo di Strategic Lawsuit Against Public Participation, letteralmente "causa strategica contro la partecipazione pubblica". Una causa Slapp è tesa a censurare, intimidire e mettere a tacere voci critiche mediante azioni giudiziarie.

 

 

La decisione della Commissione Europea era stata anticipata, in aula, da un intervento di Antonio Tajani di Forza Italia. Il quale aveva dischiarato: "I processi Slaap sono parte di una strategia voluta dai governi per mettere a tacere le opposizioni. Come non ricordare gli omicidi di Daphne Caruana Galizia o Jan Kuciak... Ci sono ancora tante iniziative della magistratura inquirente che a volte per difendere anche se stessa attacca politici e giornalisti, molto spesso superando il confine tra poteri legislativo, giudiziario, esecutivo. Per esempio in Italia l'avvocatura generale dello Stato ha chiesto un milione di euro di risarcimento a un giornalista famoso, Alessandro Sallusti per un presunto danno d'immagine perché in un libro ha descritto come gruppi di potere politico in seno alla magistratura hanno gestito le carriere dei magistrati italiani". Tajani citava anche i casi di Renzi e Sansonetti.

Ma l'enormità del risarcimento riguarda la coppia Palamara-Sallusti. I quali, naturalmente, appena sentitisi minacciati, di tutta risposta si sono messi a vergare il loro secondo libro, atteso per l'anno prossimo. Questa triste vicenda attenta in maniera troppo teatrale alla libertà d'espressione sancita della Costituzione, ma ha un lato positivo: lo scorso agosto ha coagulato in un'interrogazione parlamentare sdegnata, l'arco costituzionale degli europarlamentari italiani da Pignedoli e Giarrusso del M5S a Fidanza di Fdi, a Pisapia allo stesso Tajani. Tutti pronti a chiedere al presidente se "non ritiene che la libertà di stampa e di espressione in Italia siano contrastate da un organo dello Stato, che dovrebbe tutelare questi diritti, configurandosi come un rischio per lo Stato di diritto?".

La risposta della vicepresidente Vera Jurova è arrivata il 26 ottobre scorso: pur premettendo che "la Commissione non è in grado di pronunciarsi sul singolo caso" sancisce il principio che sì, quando la libertà di stampa e di espressione anche in Italia vengono compresse dallo Stato; be', in quel caso si configura un vulnus democratico. Di fatto, un'altra sberla allo Stato e alla magistratura. Poi certo, ci sarebbe da capire, magari, quanto nuoccia alla reputazione dei magistrati il danno di oltre mezzo miliardo di euro di indennizzi in 5 anni per la lentezza dei processi: "ritardi al quadrato, costi al quadrato" li chiama Marta Cartabia. O cosa significhi che 95.412 persone siano rimaste in attesa di giustizia più a lungo del dovuto, mentre un italiano su due non ha più fiducia nella magistratura. Ma quella è un'altra storia. E un'altra sequela di sberle...

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