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126 milioni sequestrati per errore, assolte le aziende di Angelucci: "Il fatto non sussiste", ci sono voluti 11 anni

Andrea Valle
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Dopo l’assoluzione sotto il profilo penale del 2019 vengono respinte anche le accuse relative al danno erariale contro la Casa di Cura San Raffaele di Velletri che fa capo alla famiglia Angelucci. Insomma a 11 anni dall’inizio del percorso giudiziario (2009), prima i giudici del Tribunale penale di Roma hanno stabilito che «il fatto contestato non sussiste», e poi, due anni dopo, la Corte dei Conti del Lazio ha deciso - con sentenza 584/2021 passata in giudicato il 13 ottobre del 2021 - che le condotte in questione non hanno provocato "perdite" allo Stato. 

I fatti. Nel 2009 la Procura aveva ipotizzato il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni del sistema sanitario del Lazio. In sostanza, secondo gli inquirenti nella clinica di Velletri negli anni che vanno dal 2004 al 2010 si sarebbero eseguiti ricoveri fittizi per gonfiare gli utili ai danni del Servizio sanitario nazionale per circa 130 milioni di euro, con il sequestro conservativo a carico della San Raffaele Spa di più di 126 milioni. La tesi è stata completamente smontata dalla sentenza penale assolutoria che ha di fatto rappresentato una fonte di prova per il successivo pronunciamento della Corte dei Conti che ha portato anche alla liberazione dei 126 milioni che erano stati bloccati. 

LE RIABILITAZIONI
A titolo di esempio vale la pena ricordare che secondo gli inquirenti, i soggetti coinvolti nel processo penale avrebbero truffato il servizio sanitario nazionale per false attestazioni relative alle prestazioni di riabilitazione neuromotoria erogate per meno delle tre ore previste. In merito, il giudice penale sottolinea con un ragionamento che il Collegio (la Corte dei Conti ndr) condivide la natura di mere raccomandazioni delle linee guida vigenti all'epoca dei fatti: «Con riferimento alla riabilitazione intensiva - si legge nella sentenza - le linee Guida del 1988, diversamente da quanto ipotizzato dalla pubblica accusa, non prevedono che debbano essere effettuate obbligatoriamente non meno di tre ore di riabilitazione al giorno, con un fisioterapista che cura il singolo paziente, stabilendo invece che orientativamente devono essere effettuate tre ore di riabilitazione». 

Non solo. Perché il giudice penale scagiona completamente anche i vertici della struttura sospettati di aver imposto "tempi celeri" per l'esecuzione delle cure: «Le dichiarazioni rese da numerosi testi consentono di affermare che non erano state emanate dagli organi di vertice della struttura San Raffaele di Velletri o comunque dagli imputati, direttive, istruzioni o anche solo suggerimenti affinché venissero praticate meno di tre ore di riabilitazione ai pazienti». Lo stesso discorso vale anche per le prestazioni di riabilitazione in day hospital effettuate - secondo l'accusa- a seguito di presunte false diagnosi di ingresso. La sentenza penale evidenzia che «nel corso dell'istruttoria nessun testimone ha riferito di aver concordato con la struttura la predisposizione di false diagnosi con patologie compatibili con quelle che consentono i ricoveri in day hospital». 

Veniamo quindi all'accusa di aver inserito diagnosi e cartelle cliniche fasulle nel sistema informatico. «Nel corso dell'istruttoria si legge ancora nella sentenza- non è stato acquisito alcun elemento per sostenere che gli imputati abbiano fornito indicazioni al personale che gestiva l'ufficio Sio (sistema informativo Ospedaliero) di modificare le diagnosi delle patologie dei pazienti e le terapie erogate agli stessi...» o «abbiano richiesto ai medici chiamati a gestire i pazienti e a redigere le cartelle cliniche di falsare i dati dei pazienti al momento del loro inserimento nel sistema informatico». E ancor di più «non sono emersi neanche «elementi tali da far ritenere che le prestazioni fatturate dalla San Raffaele non siano state poi effettivamente erogate». 

POSTI LETTO
Il giudice penale ha quindi indicato le delibere della giunta regionale che hanno legittimato la conversione di 40 posti di riabilitazione ordinaria in posti letto di Day Hospital ed ha confutato la tesi dei presunti difetti in alcuni ambienti della clinica. Sarebbero mancate le autorizzazioni urbanistiche relative alle modifiche della struttura... «... La situazione - si legge ancora non era tale da giustificare l'adozione di un provvedimento di chiusura». Infine c'è il riferimento al calcolo del presunto danno erariale da 130 milioni. La Corte dei Conti, infatti, non ha condiviso neppure il metodo utilizzato dagli inquirenti per individuare e quantificare il danno addebitato alla casa di cura che ha portato per anni al sequestro conservativo di 126 milioni senza però distinguere tra le presunte prestazioni irregolari e quelle corrette. 

«Il quantum coincide con il complessivo fatturato delle prestazioni effettuate dalla casa di cura nel periodo in questione, senza alcuna indicazione del presunto danno specifico conseguente dai singoli comportamenti ritenuti dannosi». La Casa di Cura San Raffaele di Velletri ha rappresentato un punto di riferimento importante per tutto il territorio. È chiusa ormai da 11 anni e una sua riapertura, alla luce delle ultime sentenze, sarebbe quasi un atto dovuto.

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