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Richard Gere testimone contro Salvini? "Ecco perché lo hanno ammesso": bomba sulle toghe, vergogna italiana

Annalisa Chirico
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Il problema non è Richard Gere che per noi resterà sempre Edward di Pretty Woman, l'uomo che dichiara amore eterno a una prostituta arrampicato su una scala antincendio. Il problema è che cosa è diventata la giustizia italiana - quale il suo grado di affidabilità, quale il suo grado di credibilità - in un paese dove i magistrati denunciano i magistrati, il Csm è ridotto a un covo di veleni e accuse incrociate, nei tribunali si imbastiscono processi su accuse fragili o inesistenti al punto che oltre metà dei procedimenti penali si concludono con assoluzioni e proscioglimenti. 

 

 

Il processo di Palermo dove l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini rischia fino a 15 anni di carcere per sequestro di persona si arricchisce di un nuovo tassello: tra i testi ammessi, compare la star di Hollywood, Richard Gere, che salì a bordo della nave Open Arms. Il nodo è quello delle Ong ingaggiate in una quotidiana operazione di trasferimento di persone dalle coste libiche a quelle italiane. Il nodo è chi debba decidere la politica dei confini: chi entra in Italia lo decide il governo oppure una Ong? Chi entra in Italia lo decide il governo o lo decidono i trafficanti di esseri umani? La spettacolarizzazione del processo palermitano, tanto più con star hollywoodiane reclutate all'uopo, sarà inevitabile, e proprio per questa ragione la Procura di Palermo aveva espresso parere contrario all'audizione di un teste indicato dal legale di Open arms. Il giudice ha valutato diversamente. 

Com'è noto, in un procedimento non identico ma assai simile, quello di Catania per il caso Gregoretti, Salvini è stato prosciolto perché il fatto non sussiste. A Catania la Procura ha chiesto e ottenuto il non luogo a procedere, a Palermo invece ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. Vedremo che piega prenderà il processo ma resta un senso di spaesamento di fronte a un assurdo giuridico che getta ancora più discredito sulla giustizia italiana. Le idee di Salvini sull'immigrazione sono note, la linea del governo Conte 1, all'epoca dell'alleanza gialloverde, era improntata all'intransigenza e tale rigore si era tradotto in un calo verticale di sbarchi e decessi nel Mediterraneo. 

 

 

Oggi che il fenomeno è tornato fuori controllo, con una pressione crescente sulle coste sicule e calabresi, si conferma decisivo il messaggio che un governo manda all'esterno. Se spalanchi le porte, gli sbarchi aumentano perché la linea dell'arrendevolezza è un potente pull factor. Se le tieni sbarrate, i criminali, dall'altra parte del mare, ci pensano due volte. Sulle scelte governative si possono imbastire talk show e dibattiti a non finire ma i processi dovrebbero celebrarsi sui reati, quelli veri. A partire dal traffico di esseri umani che significa schiavitù, droga, prostituzione. La rete dei trafficanti è un'emergenza mondiale, eppure i processi si fanno ai ministri legittimamente designati. 

In tutto il mondo la politica dei confini la decide l'esecutivo, il controllo delle frontiere a Ventimiglia o a Ceuta sono competenza esclusiva dei governi francese e spagnolo, nessun pm si sogna di aprire un fascicolo. In Italia le ingerenze del potere giudiziario sono all'ordine del giorno, con buona pace di Montesquieu. Soltanto al termine di questa ennesima odissea giudiziaria, capiremo se era poi così necessario coprirci di ridicolo agli occhi del mondo.

 

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