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Torino, Franca Demichela "dama in rosso" trucidata. Trent'anni dopo, la svolta: 5 indagati

di Marco Bardesono sabato 23 ottobre 2021

3' di lettura

Il piccolo cimitero sulla collina morenica è proprio di fronte al lago di Candia. Il cuore delle terre del bianco Erbaluce. Franca Demichela veniva da lì e lì è tornata, tumulata nel camposanto del paese. La foto in mezzo alla croce bianca della tomba, la ritrae raggiante e si intravede un vestito rosso. Il suo colore preferito. Per le cronache dell'epoca, Franca Demichela è sempre stata "la signora in rosso". Il suo cadavere era stato trovato sotto un cavalcavia di Moncalieri, nel Torinese, in mezzo ai rifiuti. Era stata strangolata. Quel giorno, il 14 settembre 1991, pioveva e il suo abito rosso sembrava sangue, i suoi capelli castani erano inzuppati nel fango.

UNA STORIA NOIR - Un delitto senza colpevoli, il cui caso è stato riaperto dalla procura di Torino, che intende effettuare rilievi scientifici sofisticati che trent' anni fa non erano possibili. Franca, che quando è stata ammazzata aveva 48 anni, era una donna esuberante, ricca di suo, figlia di un alto dirigente Fiat, e aveva ereditato bene. Il matrimonio invece, fin da subito, non era andato come s' era sperato. Il marito, Giorgio Capra, un contabile timido e riservato e sempre attento al soldo, era tornato a vivere, proprio pochi giorni prima del delitto, a casa dell'anziana madre, a Val della Torre, sempre in provincia di Torino. Non ne poteva più di Franca, del suo tenore di vita, «delle sue notti folli», dei tradimenti. Il ragioniere fu tra i primi sospettati, lo arrestarono e, prima di essere scagionato, si fece una decina di giorni di galera. Una storia noir, quella di Franca Demichela, ambientata in una Torino che non c'è più e che, proprio in quegli anni, si stava trasformando. I locali frequentati dalla "signora in rosso" sono spariti. La si poteva incontrare di frequente al "Mixage", nei dancing storici della città: dal "Trocadero", al "Tango", al "Lutrario". Luoghi di ballo sì, ma anche e soprattutto di incontri. Peraltro, proprio in uno di questi dancing, anni prima, Franca aveva conosciuto Giorgio. Era una domenica pomeriggio. Lei era salita sulla littorina che dalle terre dell'Erbaluce l'aveva portata in città per qualche ora di svago. Giorgio rappresentava la sicurezza. Una persona affidabile e metodica, che piacque più ai genitori della "signora in rosso" che a lei. Franca Demichela ci ha provato, almeno per un po', ad essere donna di casa e moglie devota. «Non poteva funzionare - dissero all'epoca alcune amiche della vittima agli investigatori -. Lei è sempre stata una persona inquieta. Voleva uscire di casa, conoscere persone nuove, vivere esperienze che a Giorgio non interessavano. Ma lei è sempre tornata a casa. A lasciarla è stato Giorgio, che se n'è andato e non ha fatto nulla per salvare il loro legame». La domanda che ci si pone da trent' anni a questa parte, è sempre la stessa: chi ha ucciso Franca Demichela? E perché? Il marito fu scagionato perché il suo alibi fu dimostrato: «Ho dormito tutta la notte a casa di mia mamma», anche se un "supertestimone" dichiarò di aver udito, proprio quella notte, «un litigio dai toni forti e violenti tra Capra e sua moglie». La sera in cui la "signora in rosso" è stata uccisa, altri testimoni dissero che era stata vista, attorno alle 22, in un caffé (il "Mokita") di piazza San Carlo a Torino: «Era con alcuni ragazzi, erano zingari, anche se vestiti bene». Non fu difficile per gli investigatori individuare il gruppo di nomadi, e loro si difesero dicendo: «Sì, è vero, siamo stati con lei, ma fino alle 22,30. Poi Franca se n'è andata e non sappiamo dove».

FASCICOLO INGIALLITO - Risultanze investigative più significative non sono mai emerse, se non false piste che, ovviamente, non hanno portato a nulla. Ora, però, riesaminando il fascicolo ingiallito di allora, il sostituto procuratore Francesco Pelosi ha intravisto uno spiraglio e ha deciso di riaprire il "cold case". Saranno esaminate tracce di dna con tecniche investigative nuove. Cinque persone sono state iscritte nel registro degli indagati: Nikola Stoianovic, Radenko Nicolic e Nenad Jovanovic, ai tempi già sospettati, e con loro altri due rom, gli ultimi ad aver visto la "signora in rosso" ancora viva. 

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