"Sergio Mattarella sapeva", dai vertici della magistratura una bomba sulla Loggia Ungheria
Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio superiore della magistratura a Roma, come Palazzo di El Pardo a Madrid, storica sede del governo spagnolo. David Ermini, vice presidente del Csm, come Francisco Franco, capo dell'esecutivo spagnolo fino al 1975, esclusivamente per quanto concerne le modalità di trattamento dei dossier più delicati. La precisazione è d'obbligo per evitare querele. Stiamo parlando della originale decisione di Ermini di gettare nel cestino dei rifiuti i verbali esplosivi contenenti le dichiarazioni dell'ex avvocato esterno dell'Eni Piero Amara sulla ormai celebre loggia Ungheria, l'associazione paramassonica finalizzata ad aggiustare i processi nei tribunali ed a pilotare le nomine dei magistrati e degli alti papaveri dello Stato. Franco, come ricordò qualche anno fa Silvio Berlusconi, invece del cestino dei rifiuti era solito utilizzare il fuoco del camino per eliminare i documenti che avrebbero potuto creargli imbarazzo.
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LA CONSEGNA
I verbali di Amara, interrogato dai pm di Milano a dicembre del 2019, erano stati consegnati da Piercamillo Davigo ad Ermini alla fine del primo lockdown. Davigo aveva ricevuto questi verbali dal pm milanese Paolo Storari che gli aveva rappresentato l'inerzia dei suoi capi nel voler trovare i riscontri alle dichiarazioni di Amara. L'avvocato aveva fatto decine e decine di nomi. Dopo aver illustrato ad Ermini per le vie brevi l'esistenza della loggia, alla quale avrebbero addirittura fatto parte due componenti del Csm, Davigo aveva deciso di consegnargli i verbali in questione. Ma invece di esaminare il materiale e, se del caso, presentare una denuncia all'autorità giudiziaria, in questo casola Procura di Roma, Ermini senza nemmeno aprire la cartellina con i verbali l'aveva immediatamente gettata nel cestino dei rifiuti una volta che Davigo era uscito dal suo ufficio al Csm. Se nella stanza di Ermini a Palazzo dei Marescialli ci fosse stato un camino, il destino dei verbali sarebbe sicuramente stato il rogo. È stato lo stesso vice presidente del Csm a raccontare ai magistrati bresciani che lo avevano interrogato nelle scorse settimane quale fosse stato il destino dei verbali di Amara. Eppure Ermini era tenuto in quanto pubblico ufficiale a denunciare l'accaduto. Davigo, vale la pena ricordarlo, è iscritto nel registro degli indagati della Procura di Brescia per rivelazione del segreto d'ufficio. Essendosi verificato a Roma l'episodio, il procuratore di Brescia probabilmente avrà già trasmesso gli atti nella Capitale. Bisogna capire adesso cosa farà Roma.
CLIMA INFUOCATO
Il clima non agevola. Michele Prestipino, il procuratore romano, ha già le valigie pronte in quanto la sua nomina è stata annullata dal Consiglio di Stato per mancanza di titoli. La prossima settimana il Csm provvederà a nominare il nuovo procuratore di Roma, scegliendo uno fra Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, e Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo. Ermini nel suo sorprendente agire ha tirato in ballo il capo dello Stato. Il vice presidente del Csm, sempre secondo il suo racconto, aveva comunque informato Sergio Mattarella dell'esistenza della loggia Ungheria durante un colloquio riservato. Mattarella sarebbe rimasto silente davanti alle parole di Ermini. La circostanza pare essere vera dal momento che non sono arrivate smentite. Quando Luca Lotti per farsi bello con Luca Palamara aveva affermato di aver incontrato Mattarella per pianificare le nomine delle Procure, dal Quirinale arrivò l'immediata smentita, affermando che si era trattato di "millanterie". In attesa di conoscere allora chi porterà a termine gli accertamenti sulla loggia Ungheria, una delle prime "vittime" è Denis Verdini, attualmente ai domiciliari per bancarotta. L'ex senatore di Ala è stato iscritto per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Verdini sarà interrogato dai pm di Perugia che hanno ricevuto parte del dossier la prossima settimana. Il nome di Verdini, come detto, era stato fatto da Amara. Verdini gli aveva elencato i nomi di alcuni appartenenti alla loggia, ad esempio i generali Giorgio Toschi e Tullio Del Sette, il primo comandante generale della finanza, il secondo dei carabinieri. Entrambi, per la cronaca, hanno smentito. Fra gli indagati ci sarebbe anche il giornalista Luigi Bisignani.
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