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Stato Mafia, Antonio Ingroia e la "prova lampante": che fine hanno fatto i pm della Trattativa

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"La Procura antimafia di Palermo che imbastì il processo sulla presunta trattativa tra Cosa nostra e lo Stato non esiste più da tempo. Tra i pubblici ministeri che hanno rappresentato l'accusa nel dibattimento di primo grado solo uno continua a fare il magistrato in servizio: Francesco Del Bene, che adesso lavora alla Direzione nazionale antimafia e della vicenda conclusasi con le assoluzioni dell'altro ieri ha sempre parlato solo nelle aule di giustizia". Lo rivela il Corriere della Sera. Mentre gli altri, come l'ex procuratore aggiunto Vittorio Teresi è andato in pensione, Nino Di Matteo siede al Consiglio superiore della magistratura e Roberto Tartagliia è vicedirettore delle carceri. Antonio Ingroia è diventato avvocato.

 

 

Del gruppo originario due sono tuttora in servizio: Lia Sava procuratore general a Caltanissetta e Paolo Guido, "l'unico rimasto in carica a Palermo. Ma nel 2012, al momento di chiudere le indagini preliminari, preferì non firmare l'atto conclusivo, perché in disaccordo su alcuni punti. In particolare sul coinvolgimento dell'ex ministro Calogero Mannino e di quello (strettamente connesso) dell'ex generale dei carabinieri Antonio Subranni, già comandante del Ros", ricorda sempre il Corriere. Paolo Guido oggi è procuratore aggiunto di Palermo, coordina le indagini antimafia sul territorio di Trapani e Agrigento e le correlate ricerche dell'ultimo grande boss latitante, Matteo Messina Denaro.

 

 

 

Ma è solo Ingroia che continua a rivendicare non solo la legittimità, ma anche la giusta impostazione di indagine e processo: La condanna dei mafiosi conferma l'esistenza della trattativa e del papello di richieste trasmesso a uomini dello Stato, il ribaltamento della prima sentenza è parziale e riguarda interpretazioni giuridiche di fatti accertati. La condanna dei mafiosi dimostra che il processo si doveva fare. Auspico un ricorso in Cassazione".

 

 

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